DUSTIN BENTALL (Six Shooter )
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  02/12/2009
    

La desertica e piccola cittadina di Ashcroft Britrish Columbia non luccica più come all’epoca della caccia all’oro, ma ci sono ancora quei vecchi saloon in cui si respira l’aria da film western che incarnano gli ideali di un luogo al di sopra del bene e del male, ed è quello che serviva, la location ideale per ambientare Six Shooter il nuovo disco del singer-songwriter canadese Dustin Bentall (recuperatevi Street With No Lights, ne vale la pena!).
Da sempre innamorato della musica di Gram Parsons, The Flying Burrito Brothers e anche dei The Byrds l’incontro con Del Cowsill ha portato una ventata di novità fin dall’Outfit in aggiunta in copertina (un’etichetta che ne ha fatta di strada, nata durante un intenso periodo musicale negli anni ’60) dove il duello disegnato la dice tutta sul mito Fordiano della violenza come un fattore, una componente della vita sociale che non è possibile, né realistico, pensare di estirpare. Così nell’armonica e nella malinconia country-roots della splendida Railroad c’è tutto il suo amore per la figura del cowboy e Six Shooter (title-track compresa) inizia a cavalcare nelle distese pianeggianti, arse e battute da un vento caldo proprio come un vecchio film a bianco e nero (dall’Arizona col vivace honky tonk, “oh how the sun lies down across the desert…”), mancano gli indiani ma le giornate promettono di essere movimentate, come quelle raccontate dal piacevole country-rock di Take the Money tra banche e rispettive rapine, gattabuie e fughe spettacolari mentre le donne sono sempre tenute a debita distanza.
Così al conosciuto alt.country ci aggiunge roots e rock e il tutto miscelato con cura restituisce la febbrile armonia di Three Thousand Miles e in mezzo alla chitarra di Luke Doucet e alla dolcezza dell’armonica emerge il dolore di un uomo il cui viaggio, anziché condurre alla conquista di qualcosa ed essere perciò dotato di un senso progressivo e positivo, porta, al contrario, allo smarrimento, alla perdita, allo spreco –soprattutto allo spreco- di soldi ma anche della giovinezza e delle vita come canta nella struggente ballata di Pontiac, slide e cuore in mano “She was my heroine, now my money’s gone”.
La vita è proprio dura dal rock di Draft dodger alle sferzate di The seetest of hearts, pieno di Secrets, quelli che trasformano un sogno in un contatto, come nella visione di uno specchio nell’attraversamento dello specchio stesso, dove vivono proprio questi cowboy, tra praterie che mutano repentinamente conoscendo gli opposti del deserto solo in un paio di brani -Little bird in a big wind e soprattutto la conclusiva Deserts of our minds-, ma non intaccano il percorso a cavallo scelto dalla The Dustin Bentall Outfit.