Secondo disco per i
Plainfield Slim -stavolta in compagnia dei
The Groundhawgs, band con cui dividono il palco-, dopo il meritato successo di
Another Mule In The Barn, Slim muta leggermente sia le coordinate dello ‘sporco’ blues del Mississippi dell’esordio, sia la sua mania di onnipotenza sul ‘faccio tutto io’: suono, produzione e così via, mollando la presa e lasciando spazio alla slide guitar di Lee Fink che con il prezioso contributo all’armonica di Myke Scavone prendono per mano
When the Devil Hits Home sin dallo splendido e torbido blues di
Dirty Girl. Non so se vi è mai capitato di vedere
The Road to Memphis di Larry Pearce, ma il ritmo trascinante del brano si riallaccia alla breve immagine di una sequenza molto divertente tratta dal film, dove una simpatica ragazza balla scuotendo il sedere, dondolandolo e frullandolo con foga.
In quel culo danzante ci sono lo stesso piacere, l’attrazione, la rabbia, la dolcezza, del blues dei neri d’America che i
Plainfield Slim ribaltano macchiandolo con il rhytm&soul della sezione fiati, deliziosa
Rattle That Box, lotta disperata per sfuggire a quell’inferno che è per ‘loro’ la vita metropolitana, dove non mancano le donne, ma i personaggi dei Plainfield Slim non hanno incertezze, si fugge via lontano dal rassicurante e compitissimo ordine concepito come spegnimento delle passioni di
Lovesick Train,
Miss Stacey ma anche di
Hideout, sempre l’armonica, sempre corposi blues-rock spezzati dalla preghiera elettro-acustica dell’incantevole
Sweet Jesus, allo spaesamento quotidiano che non è certo la conseguenza di un evento destinato a cambiarci la vita, si prega per saperne di più sul prossimo futuro.
Distruiscono pessimismo senza via di fuga su tutto e tutti, di ogni razza e colore, bagaglio e radici, pensiero e cultura con il bel bluesaccio corrosivo di
When The Devil Hits Home, continuando a lamentarsi nella sferzante
Moan, trovando quasi per caso un finale da incorniciare con la ballata elettrica di
Head Back e l’acustica
Far As You Can Go. Altro bel disco per i
Plainfeld Slim, di quelli ruvidi per partito preso, licenziato da un’accoppiata intraprendente che si fa merito di trovare strade alternative al torbido blues che suonano sempre con estrema, ed efficace, disinvoltura.