Kieran Kane ci tiene a ribadire che l’ispirazione per il suo nuovo disco segue i solchi dei vecchi vinili di Muddy Waters e del blues degli anni ’50, ma credo che abbia giovato alla sua vita professionale, e al suo ultimo lavoro, l’aver condiviso gli ultimi anni in compagnia di
Kevin Welch e
Fats Kaplan. Il perché come lo si trova nei dischi divisi con i suoi colleghi lo si trova in
Somewhere Beyond The Roses: un suono maledettamente intrigante.
Non che le disamine e le genuine riflessioni sulla vita quotidiana siano da sottovalutare, ma il dosaggio tra lo spirituale e le profondità dell’animo e delle emozioni non è certo adesso che lo si scopre, quindi l’eclettismo musicale prevale stavolta più che mai sulle parole. Al centro della scena -sin dall’iniziale piacevolezza di
Way Down Below- compare il banjo e soprattutto il sax baritono di Deanna Varagoina in una straordinaria alchimia tanto da entrare in gioco tra la chitarra elettrica di Richard Bennett e la batteria di Lukas Kane (figlio di Kieran) con estrema naturalezza. Brano che accostatato ad altre folk-roots ballad come
Anybody’s Game e
Marriage of Convenience simboleggiano lo sguardo severo-religioso di Kane sui personaggi che animano storie non proprio edificanti, come se impersonasse un pastore che discorre sulle disamine di una vita senza grossi principi mentre tra le mani sfoglia le pagine del vecchio e del nuovo testamento.
Come uomini che un giorno grazie alla scoperta del desiderio -che si trascina dietro a catena altre scoperte- non sono stati più capaci di vivere più la vita che credevano di vivere la richiesta del perdono della splendida
Why Can’t You si rivela tanto diverso quanto l’habitat in cui sono piombati a vivere, melodie convincenti che si ritrovano in
Somewhere Beyond the Roses che non incarna proprio la salvezza come
I Took My Power Back e l’incantevole
Hands Across the Water, ma la peculiarità del messaggio consiste nel continuare a essere nel mondo nonostante questo continui inesorabilmente a svuotarsi di segni riconoscibili.
Ballate tutte deliziose come
Unfaithful Heart con l’aggiunta della steel guitar di Fats Kaplin, con una special guest come David Olney al supporto vocale, a duettare nella spietata evidenza, carica di simbolismi di
Don’t Try To Fight It, a
More To It Than This e
Tell Me Mama, che chiudono quel microcosmo che
Kieran Kane riesce a descrivere con uno sguardo ironico, talvolta dissacrante e corrosivo, ma lontano dai facili patetismi e scegliendo non solo le giuste parole perché
Somewhere Beyond the Roses ha in più un suono che lascia il segno nello stato delle cose.