Dall’Arkansas altro bel bel tuffo di una trentina d’anni nel passato, ma lo sguardo su cui riflette la musica di
Zach Williams and the Reformation va oltre l’immaginario di quel periodo per proseguire verso un orizzonte quotidiano fatto di rock n’ roll, R&B, soul, blues & southern roots. Cresciuto a guardar suo padre esibirsi in una classica rock band, quando ha ricevuto in regalo la Gibson Blue Ridge Custom del ’67 in lui si è accesa la fiamma del songwriter ribelle che alimentata giorno dopo giorno ha calibrato e smussato nel suo esordio di
Electric Revival.
Nel 2008 ha formato i
The Reformation con giovani veterani della scena locale e li ha portati a Memphis nel Tennessee, città che per molti rappresenta la tappa iniziale nel rock, a registrare un disco che al primo ascolto sembra mantenersi in bilico tra originalità e venerazione, con in più quella carica che rappresenta bene quell’insoddisfazione giovanile nei confronti dei limiti angusti entro i quali il destino li ha costretti a vivere.
A favore c’è anche il lato gospel della bella voce di Zach che illumina immediatamente
Electric Revival fin dalla frenetica
Set You Free, e ci spinge verso un rock bello denso con John Copeland alla lead guitar e Robby Rigsbee alla slide che preferiscono quel southern roots che sembra perdere punti di riferimento nell’introspettiva melodia pianistica dell’intro della splendida ballad di
Fools Gold.
Ma l’ambiente sonoro creato attorno ai vocalizzi impressionanti di Zach Williams non sono mai la riprosizione e neppure la ripetizione di uno stilema classico ma la porta attraverso cui ci spingono in un suono che le chitarre rimodellano in continuazione, tra rock e ballad sempre elettriche e macchiate dal soul, da
Can You Feel Me ad
Empty Dreams, l’organo B3 in
Without You alla deliziosa
Stronger, la cover finale degli Allman Brother di
Midnite Ride all’ironia di
Angel With A Broken Wing che porta alla ribalta il front-man dei North Mississippi All-Star e chitarrista dei Corvi, ovvero Luther Dickinson, seduto alla chitarra che si diverte in una lunga jam meravigliosa per un brano roccioso.
Un paio di perle su tutte sono
Two More Days, dove Zach aggiunge il suono della sua chitarra acustica per ritagliarsi un angolino iniziale vitale per raccontare della sua vita tanto poi ci pensano i The Reformation a procurare i necessari smottamenti alla storia che mostra che di strade facili la band non ne ha mai solcate, alla tenerezza pianistica dell’intensa ballata di
Take Me Home, dove la dolcezza della giovinezza e il dolore della maturità non sono altro che i valori cardini dell’intero
Electric Revival, un disco che non permette eccessive semplificazioni e quadretti simbolici intorno al loro amore per il rock anni ’70.