Trascorrono la maggior parte del loro tempo tra il Midwest e il South dell’America impiegandolo per quello che più gli si addice, ovvero suonare rock & blues alla faccia del portafoglio:“
They would all be playing music whether there was money in it or not”, insomma preferiscono essere dei musicisti morti di fame, romantici, seducenti, fuori dalle regole, dalle norme, dalle leggi, quella gente capace di mandare a gambe all’aria la rispettabilità del lavoro grigio quotidiano per chissà quale futuro.
It Ain’t Easy è il primo disco di
Aaron Williams and the Hoodoo da Madison, Wisconsin, puro distillato di classico rock, blues & soul, l’unica melodia che abbia un senso suonare per musicisti che dividono la vita con la strada, un disco che ha poca voglia di finire nelle hit parade radiofoniche da un trio formatosi nel maggio del 2008 dalle jam –vera ossessione fin dalla giovane età di 16 anni- di
Aaron Williams (voce e chitarra), dalla batteria di Eric Shackelford e dal basso di Z. 11 le tracce di
It Ain’t Easy che iniziano con il groove rock di
Hypnotyze e il bluesy di
Seven Days entrambe dominate dalla chitarra infuocata di Williams e restano cattivi (o scettici) nella deliziosa title-track, ma si concedono almeno un po' all'intelligenza del cuore evidenziata dal supporto vocale di Carolyn Black e Wes Johnson e soprattutto dal pizzico di roots che il pregevole intro acustico di
Livin’ On Love mette in piazza, una splendida rock ballad lontana dagli schemi convenzionali applicati alla coppia, Williams preferisce cantare di sentimenti liberi e spontanei.
Si torna ai riff tutto blues in
Wrong Me con l’aggiunta dell’hammond B-3 di Cadillac Joe Andersen che quando macchiano con il country vengono fuori rockacci tipici da road house texana,
Drinking Blues -che promette fuoco e fiamma sul palco- e ci aggiungiamo la martellante
Hotel or Motel altra indiavolata scorribanda guitar-blues di qualità dove gli esseri umani sono ridotti a meri oggetti o superfici che non si distinguono davvero dai muri o dai pezzi dell'arredamento.
Altro bel groove rock è
No Time For Love che prepara la pista alla pioggia di parole che solcano la storia di
Porterhouse 650 affidandosi sempre al blues per chiudere
It Ain’t Easy, la ‘pesante’
Decide, Decide (dura da mandare giù al primo ascolto) che impreziosisce il rock secco della splendida
Lil’ Old Lady. “
I need to play music, I want a career in music and a ‘career’ is not five years, but 35”, dice
Aaron Williams, beh, può starsene tranquillo, non credo proprio che dopo
It Ain’t Easy riuscirà a farsi soffocare dalle tensioni prodotte dai doveri quotidiani!