DEAN SELTZER (Lady Luck)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  01/10/2009
    

Proprio vero, quando un uomo è apparentemente fermo e non necessariamente perché sta interiorizzando qualcosa, ricorre alla musica. In quel momento dimostra come gli esseri umani la utilizzino quando non sono in grado di esprimersi. Concetto filosofico che racchiude il motivo per cui il songwriter texano Dean Seltzer ha iniziato a suonare: "Like any male musician on the planet, I started playing guitar and singing to pick up girls." Rimorchiare! Giustificabile motivazione ma c’è naturalmente della sostanza dietro questo songwriter nato ad Odessa e cresciuto ad Austin, Dallas e Nashville. Ha iniziato a fare musica intorno agli anni ’90 dividendo il resto del tempo con il ruolo di stunt man –nel suo curriculum un film di azione con Jet Li, re delle arti marziali- ma il suo passatempo preferito restava la musica e solo una volta trasferitosi ad Austin ha iniziato a prendersi sul serio.
"High energy, obnoxious, redneck rock 'n roll" l’etichetta del suo disco d’esordio ma ascoltandolo a fondo si avverte che gli piace stare lungo il crinale che divide gli estremi dell’esagerazione e del mirabolante da quelli del banale, del comune e del quotidiano spaziando tra rock ‘n roll tutto riff, red dirt, il pop che seppur lontano dal patinato aleggia nell’apertura dell’arzilla Anyway e il country quello che sa farsi voler bene in Version of the Truth come la slide di Matt Brooks e con lo splendido rock secco di Lady Luck partono una manciati di riff che ringiovaniscono, rockaccio stradaiolo che arriva direttamente dalle immense distese pianeggianti di terra riarsa di casa sua, solcate qua e là da lunghe strisce d’asfalto che tentano di renderle attraversabili e percorribili.
Il piacere di Lady Luck sta soprattutto in un equilibrio che consente al giovane songwriter (5 brani sugli 11 totali) di racchiudere nello spazio di un paio di minuti argomenti leggeri ma che in qualche modo recuperano poeticamente il limite oggettivo della brevità, dalla piacevole Beatle Song alla irrequieta Meteor Shower come se prendesse ogni canzone come una corsa ad ostacoli o piccole colline da cui lanciarsi nel vuoto, e quando si concede delle isole acustiche nel roots regala piccole perle molto suggestive come Huntsville (Life on Death Row) e Long Cold Nights. Senza rete a rischio di cedere alla vertigine ma senza cadere fragorosamente nel facile hit, le scosse di Gen 5 e di Round Town Jack, più nella norma No Way No How chiudendo con il celebre brano di Dave Loggins, Please Come to Boston cantato insieme a Shelli Coe.
Lo stile sembra esserci e Lady Luck contiene alcuni guizzi capaci di tenere a galla la carriera di Dean Seltzer. Non resta che aspettare fiduciosi.