POWDER MILL (Do Not Go Gently)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  01/10/2009
    

I Powder Mill ritornano nei loro amati sentieri di campagna, nei loro amati sentieri boschivi dove sanno di trovare gli strumenti che i loro nonni e bisnonni amavano suonare quando erano giovani ma in spalla portano sempre il progresso, quelle chitarre e amplificatori che sanno molto di rock che hanno saputo mischiare nell'ottimo esordio di New Mountain. Ebbene i Powder Mill ritornano nel loro studio di registrazione immerso nelle vallate di Carter County –quelle che costeggiano il lago Miller- per incidere il seguito, Do Not Go Gently, e Jesse Charles Hammock II dal Mississippi mette ancora l’accento sulla confusione etica e razionale del nostro tempo, da una parte insiste col rock che sembra ancor più nero e dall’altra il country-roots-bluegrass serve a lisciare l’inadeguatezza culturale dell’uomo moderno ad affrontare i problemi che egli stesso ha creato.
Un mix corposo come sempre, quindici brani, che inizia con la gracchiante, perché proprio una rana dalla palude affonda Runnin People Down che introduce ad un accoppiata davvero energica, bagliori che anche nella arcigna title-track, portano in primo piano i controluce, le penombre, dove la vita sembra esplodere più naturalmente che sotto il sole. Ma ecco la poesia alcolica che arriva quando si incamminano verso il Texas della splendida The Truth In The Wind, lap steel che viene doppiata dalla telecaster ma nella figura del cowboy non c’è più nulla di epico, ma molto di sentimentale, magico, anche surrueale nel suo poetico approccio alla vita e nel ‘vento la verità’ sembra letteralmente farsi e disfarsi, ci sono i violini ad illuminare la bucolica Wet Moons, mentre l’armonica bluesy nella tosta To Carter County.
Insomma i Powder Mill ancora una volta costruiscono un disco coinvolgente, malinconico ed ironico con i suoi violenti cambiamenti di ritmo, con le sue disarmonie sonore e musicali, con la contaminazione di generi e si passa da una perla rootsy come Like We Never Had It illuminata al momento giusto da solidi riff, al rock ‘hard’ di Time For Your Medicine e Forgotten Son a quello più classico di Decade Woman, al mandolino bluegrass di Back To You che sembra arrivare da un vecchio film. Certo il country-rock di Let Er Blow è un vero è proprio gioiello: armonica, violini e chitarre indiavolate si incrociano ancora una volta, un brano che sa andare oltre la superficie delle cose e rende palpabili, visibili, quei sentimenti che ci fanno sentire vivi.
Nonostante tutto. Restano tra i boschi nel finale e incorniciano altri succulenti rock mischiati al western-bluegrass in Sinful Grip, all’armonica bluesy di Trailer Trash, ai violini e al country di Lonesome Mama per chiudere con la vibrante The Ringer. I percorso bucolici, immersi nella natura dei Powder Mill sono del tutto particolari, ma assai gratificanti.