3 MILE STONE (3 Mile Stone)
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  Recensione del  01/09/2009
    

Texas blues autentico che colpisce allo stomaco e che non sceglie mezze misure quello di una band di rockers al debutto che suonano da un ventennio (il Lone Star State è una terra che ama i musicisti e alla qualità, contraccambia con una vita on the road suggestiva e piena di gratificazioni) un terzetto composto da Tommy Thompson, Dennis Peek e Howard Yeargen che per 3 Mile Stone si sono valsi della collaborazione di Chris Dodds alla batteria (dalla country band dei Two Tons of Steel) alla voce di Tom Gillam in Time Rolls On, The Big Kiss Off e Long Hard Road.
Un blues quello dei 3 Mile Stone che s’identifica in una leggerezza ironica infarcita di robuste chitarre che rinvigoriscono le situazioni narrative avvolgendone l’effetto a tratti umoristico ma riuscendo a filtrarne i frangenti di una inadeguatezza tra la stupidità e la viltà del comportamento umano, peculiarità che stanno a cuore in questo disco come lo stridere della chitarra, quella di Van Milks in appoggio nel brano iniziale di Tres Dedos, dove ci si riempe di Tequila e si tiene spalla a robuste schitarrate con il Messico e le lunghe freeway che la dividono in una ventata d’ottimismo tutt’altro che posticcia.
Come l’intro di armonica che affonda nel delta blues della deliziosa Walk On, che sfrutta la voce dei vecchi cantanti blues come sirene che con le loro voci suadenti e le loro canzoni rivelavano la tentazione mondana e satanica del blues anche se i 3 Mile Stone per il resto preferiscono un suono più allacciato al rock, di stampo classico quello di Time Rolls On o di un blues duro come la pietra e risoluto come Leave a Message, non è certo musica da tappezzeria, tanto per fare atmosfera ma un commento adeguato ad un ritratto di un’America che ci “tira dentro” con le sue melodie da Until It's Done, Outta Pocket tutte con un alternanza di assoli dei singoli strumenti, con sovracuti deliziosi.
Su un ritmo grintoso che comincia pacatamente (anche la stessa strumentale Counting the Days) poi si inturgida man mano con riff violenti, guizzi che arrivano alla jam come anche The Big Kiss Off con Tom Gillam che prende il microfono e sembra essere non appariscente, invece è una colata lavica nascosta sotto una coltre di calma apparente, un blues strascicato e nervoso che fa coppia con la splendida Long Hard Road dove il viaggio raccoglie in sé curiosità, fascino per l’imprevisto e soprattutto irrequietezza. Con un altro paio di energici blues, I Ain't Got You e la live song molto bella di The Party, si chiude 3 Mile Stone, un disco brillante, di quelli che vorresti non finissero troppo presto!