SONS OF BILL (One Town Away)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  01/09/2009
    

La direzione di One Town Away è differente dall’interessante A Far Cry From Freedom, si muove come un'on the road ‘famigliare’ dove la ricerca non mira tanto a (ri)conquistare una condizione di unità e armonia tra i fratelli Wilson ma piuttosto a spezzare un legame con i dischi precedenti, ma senza chiudere nelle valigie tutti i bei colori di quelle esperienze. Ripartire con una maggiore aderenza alla ballata, rock’n roll o infarcita di country, e la scelta di Jim Scott in cabina di regia è servita soprattutto a questo, esperienze coi Wilco e con Tom Petty, il personaggio giusto con idee chiare restando a debita distanza dalle major e assestando qualche ‘wild shot’ in corsa.
Così l’approccio intimista fatto di piccole rifrazioni, di scacchi sentimentali, di microdrammi famigliari prendono le redini dall’iniziale morbida ballata di Joey's Arm spezzata dal sussulto roots dell’armonica di Broken Bottles a cui restano attaccati solo nella splendida malinconia del suo suono, perché per il resto fa tanto California style, che non è proprio una condanna musicalmente parlando, ma dalle tastiere e la dura sezione ritmica di Rain ci si poteva attendere qualcosina in più, una maggior compattezza che si ritrova nella slide della languida title-track dove i Sons of Bill usano alcol a fiumi, sentimenti, egoismo, solitudine e degrado morale ma mescolano questi elementi in modo più originale di quanto accadeva in precedenza.
Così il disco cambia marcia, dalla scossa di Going Home con il suo puro piacere chitarristico immerso nella provincia americana “I've traveled 900 miles and got 100 more to go/I'm searching for the steel guitar on AM radio/ I can smell the jasmine and honeysuckle on the vine/I got that old familiar feeling rolling south down 29”, la forza del brano sta nella sua capacità di solleticare una molteplicità di letture e di lasciare l’ascoltatore immerso in un fiume di riff pensando a quei versi e riflettendoci sopra, specialmente quando quelli della splendida Never Saw It Coming arrivano all’orecchio. Una canzone tragica su due ragazzini, Frank e Johnny e i loro sedici anni in un pomeriggio esploso con dirompenza e furore, pensieri a Virginia Tech e alla strage di Columbine dove la natura di quella follia è tutta nella voce di Sam e nelle corde della chitarra di James. Sono queste le immagini che restano, umanissimo e insieme atroce incrocio di poesia e brutalità.
Attorno il paesaggio urbano si distende, le attività quotidiane continuano sotto i Western Skies, altra ballata molto suggestiva al rock delizioso di So Much for the Blues e quello più corposo di Rock and Roll. Il finale gioca ancora sul dettaglio, sulla lentezza, sui sentimenti, ancora belle composizioni immerse nella slide come l’amore perduto di Charleston (da preferire a In the Morning) ma con la meravigliosa Song Is All That Remains, voce e chitarra, i Sons of Bill racchiudono il senso di One Town Away che è insieme, taccuino di appunti di viaggio, tristezza e amara allegria e soprattutto poesia tra bottiglie di whiskey vuote, donne che non ci sono e le sconfinate highway che fanno venire la voglia di andare a vedere il mondo, malgrado tutto.