Red Letter Days è un disco che finirà negli sterei delle vostre macchine e ci resterà a lungo. Come i migliori album di
Tom Petty & The Heartbreakers (che, ad oggi, sono il punto di riferimento più evidente dei Wallflowers) ha il gusto pop, l'energia rock'n'roll, le canzoni e le melodie perfette per ascoltarlo on the road, che è uno dei pochi posti dove ormai si può sentire la musica in pace (o no?). Ai Wallflowers altalenanti di
Breach (un bel disco che aveva un po' di alti e bassi) bisogna togliere una lead guitar (
Michael Ward, che ha dato forfait), aggiungere due anni di tour e un piccolo ritorno al passato, con
Tobias Miller (il chitarrista originale) tornato a fare da alter ego, in sede di produzione, a
Jakob Dylan. Andiamo per gradi.
La dipartita di Michael Ward, chitarrista dal notevole talento, ha inciso parecchio nel nuovo sound dei Wallflowers, ma non solo in termini negativi. Anzi. Chitarrista dal notevole talento e dal curriculum inappuntabile (avendo lavorato con John Hiatt, sa dove infilarsi in una canzone) stava diventando però scomodo nella complessa alchimia sonora dei Wallflowers. Nella linearità di
Red Letter Days mancano alcuni dei suoi passaggi visionari e le parti di chitarra sono state completate dallo stesso Jakob Dylan (che ha svolto gran parte dal lavoro) con l'aiuto occasionale di Mike McCready dei Pearl Jam.
Qui, forse, c'è un primo suggerimento per capire cosa è successo durante le incisioni di
Red Letter Days, come racconta lo stesso leader dei Wallflowers: "È successo semplicemente che Mike fosse in città, a Los Angeles, mentre lavoravamo. Con lui ci siamo incontrati più di una volta nel corso degli ultimi anni e ci conosciamo bene, ma quando è venuto in studio ci ha veramente fatto capire cosa significano certe dinamiche rispetto al vivere in una rock'n'roll band. E questo ci ha dato parecchio".
La vera innovazione è la compattezza dei
Wallflowers, che si sono raccolti attorno alla sezione ritmica di
Mario Caliri (batteria) e
Greg Richiling (molto ispirato, al basso) e alle tastiere di
Rami Jaffee e suonano con molta più convinzione ed con quel pizzico di esperienza in più guadagnato sul campo. Sono diventati veramente un gruppo.
Dal canto suo, Jakob Dylan ha sviluppato le canzoni di
Red Letter Days on the road, registrando demotapes un po' ovunque (compresa la doccia, a quanto pare) e come succede spesso in questi casi, ha prodotto una dozzina di brani molto uniformi. Più in generale,
Red Letter Days sembra fiutare l'aria pesante che si respira nel mondo e suona positivo, o cerca di essere positivo, risoluto, concreto e solare.
Non è difficile, infine, intuire che il contributo di Tobias Miller (e Bill Appleberry) sia servito soprattutto a dare una certa serenità a Jakob Dylan e a tutti i Wallflowers. Qualche segnalazione, tra le canzoni.
New Frontier rappresenta una svolta nell'universo Wallflowers: un riff monolitico di chitarra (qualcosa tra i Pearl Jam e John Mellencamp) che però sfocia in un sorprendente ritornello, e qui sale in cattedra Rami Jaffe, uno dei pochi tastieristi a poter competere con i Roy Bittan e i Benmont Tench: con il suo organo tiene insieme il rock'n'roll e la canzone.
Su questa linea (magari un po' meno massicce) anche
Everything I Need (ancora grande rock'n'roll e un'altra medaglia a Rami Jaffee),
See You When I Get There (con quelle sfumature anni Cinquanta che stanno affiorando sempre più frequentemente) o
When You'Re On Top. Belle canzoni, semplici, molto orecchiabili (che non è mai un difetto), con le voci ben organizzate e le chitarre sempre evidenza. Niente di particolarmente geniale o originale, ma se le sentite alla radio (buona fortuna) non cambiate canale, e di questi tempi è già qualcosa.
Più suggestive, invece, le ballate:
Three Ways,
Health And Happiness o
Closer 2 U, con il pianoforte di Rami Jaffee che fa tutto e guida gli archi in posti dove non danno fastidio. Anche in
Pleasantville:quasi acustica, con chitarre che ricordano il tatto morbido dei migliori Dire Straits. Una piccola coda romantica per un disco bellissimo.