La maturità muta le cose, se il suono del giovane
Ryan Bingham di
Wishbone Saloon era acerbo e per questo disteso (che non significa meno inquieto),
Roadhouse Sun –sempre prodotto da Marc Ford e sempre per la Lost Highway- è più brusco e grintoso del secondo e ottimo,
Mescalito, ma entrambi i dischi hanno dalla loro l'entusiasmo del cuore, più che l'operazione della testa.
E come ogni entusiasmo, anche questo è affamato, passionale e rispecchia la vita on the road di questo Texas-bred Troubadour e delle sue esibizioni live molto elettriche. La voce calda e profonda (“
Too many nights in the whiskey house" dice Bingham) e la dolcezza dell’armonica vengono spezzati dall’urlo rabbioso di “
When the day is done, I was born a bad man’s son” e Corby Schaub alla chitarra e la The Dead Horses al completo con una notevole carica spiazzante dispiegano il ritmo incalzante di
Day is done, scatti improvvisi, intermittenze quanto mai seducenti, come una lampadina che si sta per bruciare.
Dylan’s Hard Rain invece non è solo un tributo al brano di Dylan, stessa bellezza, ma mostra il lato politico di Bingham ed è strano come il brano sia ancora calzante con i nostri tempi, sembra non essere cambiato nulla, stessi problemi e stessa realtà corrotta, senza alcun punto di riferimento, in cui la prevaricazione nei confronti dei più deboli è all'ordine del giorno e quindi non poteva mancare una voce sulla politica dell’amministrazione Bush, sul suo lavoro, e quella della splendida
Endless Ways è arrabbiata, scottante, come la violenza che raccoglie, concentra e fa deflagrare con tanta più brutale e irrevocabile assolutezza.
Il bingham pensiero che si unisce alle storie texane è un connubio perfetto: dal superbo mandolino di Corby Schaub dalle tinte bluegrass che scorrazza nella deliziosa
Tell My Mother I Miss Her So (con la madre nei pensieri, scomparsa lo scorso anno) alla perla rootsy di
Country Roads che ha tutto quel senso di disperazione che la strada ti restituisce quando la solchi da solo, non recentissima, anzi una delle prime incise da Bigham quando se ne andava in giro con il suo pulmino “
I was just driving around, camping everywhere, and decided to write my thoughts down.”
Bluebird invece è una canzone profonda, aperta ad ogni interpretazione, sulla speranza che diventa spirituale, religiosa sotto certi aspetti e sempre sulle esperienze di vita si muove la meravigliosa ballad acustica di
Snake Eyes, nel suo girovagare Bingham non si limita ad osservare soltanto le cose lungo la strada, ma più sottilmente, riesce a catturare il mistero di ciò che l'occhio trattiene e che in seguito la mano imprimerà su carta, lasciando scorrere l'inchiostro e regalandoci una perla in musica.
Quello che non ti aspetti è invece un brano di sette minuti come
Change Is, jam-psicadelica con quell’appeal anni 60’ per la mistura di suoni e strumenti, molto affascinante come la
Rollin Highway Blues colma di whiskey e donne, “
Every night I fall asleep with whiskey in my mind / Hoping that I might wake up next to you”. Finale scoppiettante con la bella sferzata di
Hey Hey Hurrah, la ruspante
Roadhouse Blues e l’incantevole
Wishing Well.
Roadhouse Sun è un disco da ascoltare e da far ascoltare, perché
Ryan Bingham ha inciso quello che nessuno si aspettava, un disco all’altezza di Mescalito.
O più semplicemente perché è un gran bel disco.