CLINT OSMUS AND THE BUSHMILLS (Clint Osmus and The Bushmills)
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  Recensione del  01/08/2009
    

Il debutto di Clint Osmus segue, da una parte e da vicino, l'esercizio "sub-divino" dell'America, quello in perenne marcia militare, che per mantenere il mondo in equilibrio deve fomentare guerre: la pace è uno stagno che può imputridire (chissà se lo pensava il “vaccaro” Bush ogni giorno quando sedeva sul trono?). Una violenza che è diventata lo strumento abituale per liberarsi dai problemi, in una terra dove tutti hanno una pistola, anche chi non vuole usarla pur di liberarsi di un quotidiano incomodo e anche se i tempi cambiano, lo strazio, il dolore, la follia e il non senso della guerra che cantava John Prine ai tempi del Vietnam sono gli stessi di oggi e Sam Stone oggi risuona con la stessa efficacia di un tempo, cover scelta da Clint Osmus per chiudere il suo album d’esordio, una country folk ballad struggente, con la fisa e la strada a solcarne il fascino.
C’è lo zampino di Mike McClure su alcune delle canzoni della band di Stillwater, Oklahoma (l’altra metà spetta a Jerry Payne dei No Justice), Clint Osmus and The Bushmills mischia red dirt, country e folk-bluesy, molte le ballad, splendido l’avvio con There You Are e la magnetica Passing You By, ed in quel mondo sporco, insensibile, caotico, disumano e perennemente in guerra c’è sempre il modo di alzare gli occhi al cielo, in cerca della luce che possa illuminare. Gli eroi alzano gli occhi al cielo nel cercare la vittoria, i disperati la speranza, i morenti Dio.
La scrittura di Osmus è solida, tratta argomenti tipici dell’interiorità, altra ballata con un bel cambio di marcia è Stranger, e i sentimenti o il malessere dei personaggi acquistano spessore e credibilità e di certo le donne occupano l’altra parte del disco, niente di scontato e nessun classico stereotipo femminile - cioè una donna debole e facile preda della propria incontrollata sessualità (anche se il moralismo di “ci si innamora di un cervello e non di un corpo” va a farsi benedire), rivestono la parte centrale e finale di un disco molto gradevole: non male il roots di Someday, scoppiettante See You Around, stile red-dirt e riff per When she Runs Back Into Me, tosta Never Met You, all’alt. country delizioso di Sweet Alicia alla mia preferita Stay With Me.
Senza le donne la vita non avrebbe senso. Ma se la realtà è amara, lontana, allora l’unico ricordo che vale la pena tenersi stretto è cinematografico: l’immagine di Nicole Kidman che dorme tra le casse di mele, sul cassone di un camioncino quando tenta di andarsene da Dogville è quello che serve, perché come Dante insegnava la donna amata deve restare distante. Di più: irraggiungibile. Conseguenza: fine del desiderio.