La bandiera dei
Black Crowes è ritornata a sventolare con
Warpaint quando i fratelli Robinson hanno deciso di scendere da quell’asta -dove sono rimasti appollaiati per alcuni dischi-, ritrovando il southern roots dei bei tempi passati e questo
Warpaint - Live testimonia il loro processo di resurrezione. Un Live intenso (come sempre!) con lo stesso feeling di quel capolavoro chiamato
Southern Harmony And Musical Companion che ha permesso a Warpaint di scalare di qualche posizione gli indici di gradimento, album non eccelso ma dignitosissimo.
Il quarto album dal vivo è stato registrato al The Wiltern a Los Angeles nel marzo dello scorso anno,
Warpaint – Live è diviso in due dischi (il primo riprende la scaletta dell’album di studio e nel secondo rivisitano dei classici): attaccano con uno dei brani più belli,
Goodbye Daughters Of The Revolution con Rich scatenato alla slide guitar mentre Chris si mangia il microfono e fa il verso a Jagger, l’altra è la ruvida
Walk Believer Walk cantata come farebbe un pastore battista, suono sporco dove la band da la sensazione di essere davvero in palla e la rilettura specialmente di
Evergreen e
Wee Who See The Deep acuiscono la sensazione.
Warpaint - Live permette di riascoltare le ballate alla Crowes come la meravigliosa
Oh Josephine al gospel roots di
Locust Street alla struggente
Theres gold in them hills, fino a rivedere tornare aggirarsi sul palco il fantasma di Jagger per
God's Got It e nella deliziosa
Movin' On Down The Line con armonica e vocalist a dare i tratti funkie, alla scossa di
Wounded bird alla conclusione corale della splendida
Whoa mule.
I
Black Crowes ritrovano aderenza con la terra, trovano la credibilità nelle azioni quotidiane, nella genuinità dei sentimenti che i brani di Warpaint esibiscono con una sincerità tutta personale che continua anche nel secondo disco, dove rivisitano il passato. Tutte chicche che riprovano la bellezza dei loro spettacoli dal vivo, da
Poor Elijah - tribute to johnson (medley), un tributo a Delaney Bramblett con un coro strappato alla chiesa, non ci sono gli Allelujah ma tanti riff e la voce avvolgente di Chris, al Clapton di
Don't Know Why tutta soul&blues fino al gioiello degli Stones con
Torn And Frayed, che riascolteresti in continuazione come
Bad luck blue eyes goodbye stavolta capolavoro dei Corvi.
Restano il bluesy
Darling of the underground press e la trascinante
Hey grandma. Lunga vita ai
Black Crowes!!