BLACKBERRY SMOKE (Little Piece of Dixie)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  01/08/2009
    

Ritornano a farsi sentire dalle lontane dixie-lands i Blackberry Smoke, con meno southern-country e più rock, (‘hard’ a tratti, tipico delle passate decadi). Charlie Starr continua a presentare soggetti ricorrenti, temi, immagini e situazioni tra il surreale e il quotidiano che conferiscono alla sua seppur breve discografia una invidiabile compattezza e una grande coerenza.
I suoi dischi si incastrano l’uno nell’altro come pezzi di un mosaico, si completano e si competrano e il non prendersi troppo sul serio è l’arma vincente di questa solida rock band. Si avverte immediatamente sin dalla deliziosa Good one coming on, che la fotografia della realtà è sempre sporca, fangosa, ma tra il grigio c’è il verde della speranza, riff solidi e belle canzoni che rendono avvincente la struttura di Little Piece of Dixie (brano tralaltro scelto per aprire il film commedia/politico prodotto e interpretato da Kevin Costner, Swing Vote), e per fortuna non commettono l’errore di di addolcire, appiattire, soffocare il loro stile e le proprie ambizioni in direzione di un'insignificante medietà e la solida Like I Am spazza ogni dubbio.
Paul Jackson alla chitarra e la batteria di Brit Turner sono in forma come la penna di Charlie, sempre pungente, Bottom of this, dove la vita reale e le faccende quotidiane -compreso la propria donna- devono mettersi in fila e aspettare, il nesso logico di "I'll get to the bottom of that right after I get to the bottom of this" ovvero prima finisco di bere la mia birra e poi… Ma ecco le novità che si muovono su due spazi: uno dinamico, Up in Smoke ed I’d be lyin dovrebbero rappresentare la virata più ‘hard’ della band, c’è tutta la sfrontatezza dei Blackberry Smoke e tutto sommato è apprezzabile la capacità di cambiare registro a metà del disco, senza tuttavia stravolgerlo, è solo grazie al talento della band, al ritmo e alle giuste dosi di riff che Little Piece of Dixie riesce a mantenersi su buoni livelli (dove rientra a pieno diritto la nota e bella Sanctified Woman che appartiene al repertorio live e più southern della band), da Who invented the wheel e Prayer for the little man che rappresentano la staticità, dal primo si passa in scioltezza, nel secondo si resta, ma lo spazio irrisorio di qualche nota (e qualche coro laccato che appare nelle retrovie), perchè i brani cambiano ritmo e sapore.
Poi il trittico finale è da incorniciare: la tosta Restless, la splendida Shake Your Magnolia e la jam finale a più chitarre di Freedom song fanno intendere che siamo lontano dal 1800, dalla guerra di secessione, dalla civiltà sudista con le sue architetture georgiane, ma si continua a restare al fianco dei Blackberry Smoke.