Jay Farrar e i
Son Volt arrivano a toccare quota 9 cd, una lunga disamina nel cuore dell’America -iniziata nel 1995 con Trace dopo l’addio agli Uncle Tupelo-, tra balzi, ruzzoloni, sorprese e infinite storie che li hanno visti sui cavi d'alta tensione poggiare nervi, passioni e idee, arriva il lamento malinconico di
American Central Dust che porta ancora alla luce quella visione selvaggia, quella filosofia degradata e senza fondamenti dell’America, riscoprendo le tradizioni dei Byrds e degli Stones.
Un America che lotta contro i malesseri del nuovo millennio con la stessa nitidezza narrata da John Ford e con la malinconia struggente dell’ultimo Kaurismaki: paesaggi fatti di materia e umanità, di personaggi in affanno che di tanto in tanto trovano il tempo di farsi un ballo, di inciampare sui sentimenti, di risollevarsi dalla polvere, di dar sfogo alla follia che hanno dentro.
Storie epiche per una nuova collezione di brani che lascia da parte gli esperimenti di The Search ridifinendo i confini del suono con violino, pedal steel e piano sin da quando Farrar canta “
this love is like celebrating the 4th of July with dynamite” nell’apertura di
Dynamite con la fisa a cucire la melodia intorno all’evidenza di quanto la ricchezza e povertà possano essere delle maschere, un benessere di facciata che è solo un elemento transitorio in un mondo che non ha più centro, si dispiegano le dolci riflessioni di
Roll On,
Pushed Too Far e
Exiles, il piano della toccante
Sultana che poi ritroviamo nella meravigliosa
Cocaine and Ashes.
Lasciando entrare al momento giusto il country in
Dust of Daylight e agli accenni roots e rock che da
No Turning Back,
Strength and Doubt e nella bella
Jukebox of Steel se non scuotono come una volta, restano accattivanti allo stesso modo di
When the Wheels Dont Move e
Down to the Wire, fotografando con occhio critico lo stato di assoluta vacuità della provincia suburbana americana, mettendo in discussione l'idea di benessere che definisce la scala sociale. Come se avessero chiuso il cerchio ricongiungendosi al disco d’esordio ma se restano a questi livelli i
Son Volt son pronti ad aprirne un altro.