NATE KIPP (Nate Kipp)
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  Recensione del  01/07/2009
    

Countryman di Dallas che vede sullo stesso piano la lontana Nashville e i confini del Messico, sa bene che quando si decide di scrivere una canzone non importa poi molto cosa la vita ha in serbo lungo il tragitto, quello che conta è trovare la storia giusta.
Il nativo del West Texas Nate Kipp è un’ottimista, di quelle persone che trovano sempre un insegnamento dalle esperienze della vita, qualunque sia il risvolto, dolce o amaro, così passa tranquillamente dal calzare un paio di scarpe lucide come la realtà a quelle rifinite dall’immaginazione per raccontare le sue novelle in musica col suo amato new country che quando si incammina nel Texas di confine di Something Bout San Antone, porta la dolcezza della fisa a mischiarsi all’elettrico e i vortici chitarristici richiamano alla mente Doug Sahm con i caldi violini del Lone Star State pronti a farsi sentire sotto al cielo chiaro della bella San Antonio.
Canzoni che scivolano via piacevolmente senza grosse impennate, Your Daddy's Money, ai sapori più roots della deliziosa Something I Can Hang My Hat On, ma sa trovare i tasti giusti anche quando lo stile diventa più classico, dalla ballata romantica Marie (con la partecipazione del grande Max Stalling) dove mandolini e violini duettano con la slide -vedesi anche Made In The Shade- a quella strappacuori di Loveletters And Cigarettes che spopolerà nelle road house, stesso luogo dove troveranno senz’altro spazio la più ruspante The Real McCoy e il roots-country alcolico di Do Me Right.
Dovrebbe evitare di usare troppa saccarina, Stand By Your Man Babies e Miracle Man (la conclusiva Tropical Island leggermente meglio) che anche senza grossi danni vanno a limitare un songwriter di indubbio spessore.