È successo quello che purtroppo a volte capita e non solo in Texas… dopo un esordio rozzo e passionale, puro rock affondato nell’aria agreste di casa
Tommy Gallagher smarrisce quel filo rurale che tanto aveva colpito nell’esordio di
Never Looking Band -smokin’ Texas music la definivano i fans- e con
Always Something (almeno su disco, dal vivo per fortuna è tutta altra storia) si chinano troppo dalla parte del commerciale, che va bene per una fetta di pubblico più grande e per vendere al di fuori della scena locale ma perde in genuinità e freschezza, basilari per crescere musicalmente (boccone amaro pensando anche che sulla produzione c’è il timbro di un certo Mike McClure, però viene da pensare anche che se c’è bisogno di uno che conosce il mercato per poter in poco tempo riempire il portafoglio di tutti, allora Always Something un filo logico ce l’ha!).
Esordi nel 2004 con un nonno che fa da apripista per i fan dell’honky tonk, Tommy Allen, ha iniziato anche lui a girovagare per Nashville e suonare con molti artisti del genere e dopotutto la vera ragione del suo accostamento alla musica la si deve proprio al nonno, quindi da Amarillo iniziano il viaggio addentrandosi nel cuore della Texas Music riuscendo a sfornare un debutto coi fiocchi. Il tempo passa ed entrano in gioco altre sfaccettature a cui bisogna pensare.
Always Something, la title-track spiega in pochi secondi il nuovo corso della
Tommy Gallagher Band, il cuore e i sentimenti costruiti attorno a melodie semplici e radiofoniche lasciano l’amaro in bocca a chi li ha visti crescere, i riff si intravedono ma il clima è del tutto diverso, la ballata suo malgrado si lascia ascoltare ma si viaggia a ruote sgonfie.
Smile appartiene al filone a cui si sono accostati ultimamente Eli Young Band e Wade Bowen, commerciale e sdolcinato con
What Goes Around alzano il ritmo e almeno si allontano dalla melassa, uno sprazzo di luce mentre il buio sembra ritornare a dominare la scena in
Here Tonight. Ma ecco un uno due alla loro maniera, prima con
Got It Made che ha il sapore del Texas, spigliato roots ballerino dove finalmente le chitarre sono libere di spaziare e poi la tosta
Have a Ball, dove il whiskey e il rock ritornano a galla da un passato che dovrebbero prendere come esempio pieno di cambi di ritmo e riff magnetici, 4 minuti della vera essenza di Tommy Gallagher.
Sembra che la scossa abbia fatto effetto almeno per quanto riguarda l’approccio alla ballata perché
Dream non è affatto male quello che non si può dire di
Without You, purtroppo… ma anche di
You're Gone con
Loving What I Do non proprio malvagia ma la delusione complessiva resta soprattutto perché la
Tommy Gallagher Band è capace di ben altre cose (necessario recuperare l'esordio), sperando che si ravvedano per il futuro.