Dopo l’ottimo
Streets of New York in doppia versione, a distanza di tre anni ritorna in studio
Willie Nile per accontentare i fans con
House of a Thousand Guitars (terzo album in quattro anni) promettendo di continuare a solcare proprio le strade dell’amata New York e sempre col rock n’ roll: ovvero chitarre, basso, batteria e l’immancabile pathos del pianoforte.
Ma seppur familiari, quelle strade almeno musicalmente andrebbero percorse molto di rado, se non una sola volta nella vita musicale di un artista e sebbene Nile sappia scrivere ancora belle canzoni scivola sugli stessi accordi e nelle stesse melodie quando pensa al rock e invece di andare avanti il passo sembra rivolto all’indietro, particolarmente quando le ballate prendono il sopravvento.
Ma sotto la luce di Jimi Hendrix che suona spensierato si aprono le porte del sogno di
House of a Thousand Guitars che tutti dovrebbero solcare, anche se non in compagnia di Nile che se le porta dietro lungo la splendida
Run a ripescare il suo periodo migliore e con la tosta
Doomsday Dance riveste il suo messaggio socio-politico con quel tocco nervoso come solo Nile sa fare, rock incantevole che rispecchia perfettamente il titolo del disco e che sembrava davvero presentarci un’ennesima perla, ma purtroppo il trittico iniziale resta una fiammata nella notte…
Non è tanto l’uso del piano che inizia ad affiancare la telecaster fin da
Love Is A Train che resta un signor brano con un solo degno del Nile più malinconico, ma è la ballata che diventa protagonista e il resto delle canzoni trovano la strada del cuore, dei sentimenti con melodie molto(troppo!) dolci dove la speranza e l’amore si scelgono un posto in vertrina, così la pop ballad
Her Love Falls Like Rain lo porta troppo lontano nel tempo, in un solo istante frana tutto quello che fin qui era riuscito a costruire, quei coretti così spocchiosi lasciano l’amaro in bocca.
Il pop scuro seppur mascherato di
Now That the War Is Over riesce a trovare il sentiero per emergere tra quello che è diventato il nuovo Vietnam, ovvero il Pakistan, e nel clima di guerra non poteva mancare il modo di riallacciarsi al nuovo percorso dell’America, nel neo presidente Obama ma
Give Me Tomorrow seppur nobile negli intenti, delude come il rockaccio di
Magdelina e nel ripasto di One Some Rainy Day chiamata questa volta
Little Light ma lontana mille miglia da quel gioiello.
Touch Me seppur scritta col pensiero al fratello scomparso ancora una volta non morde e cade nella quiete del pianoforte che sembra solcare anche
The Midnight Rose che per fortuna restituisce il Nile che amiamo, quello capace di sedersi al piano è scrivere canzoni meravigliose come
When The Last Light Goes Out On Broadway.