STEVIE TOMBSTONE (Devils Game)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  05/11/2007
    

Un disco che ricopre venti anni di carriera, canzoni scritte agli inizi degli anni ’80 quando del numero di viaggi non riusciva a tenerne il conto, fra le tante storie e concerti, ritratti solitari di alcune sporadiche sessioni racchiuse dall’etichetta di Devils Game.
Sono incisioni che risalgono al periodo buio (quindi introvabili) del 1999 con Second Hand Sin prodotto da Jeff Johnson dei Jason and The Schorchers, alle versioni live acustiche registrate all’Atlanta Tattoo Arts Festival che hanno contraddistinto il successivo Acoustica del 2000 che trovano spazio insieme alle versioni rivisitate dei suoi successi, brani estrapolati da compilation che potrebbero far pensare ad una mancanza di omegeneità e perdita del filo conduttore del disco ma al contrario sono proprio le canzoni che restituiscono la consistenza del songwriter Stevie Tombstone e la sua innata capacità di scrivere canzoni di spessore.
In Devils Game ci si imbatte nella malinconia rootsy che la sua voce sprigiona sin dalla title-track, tutte incisioni impreziosite dalla pedal steel e dalla slide (Breaking Me Down ha carisma e fascino) che sprigionano la forza del roots quando impastato di whiskey trovano supporto nell’armonica e in riff a volte vibranti, Highways Made To Run a volte col freno tirato ma dannatamente intriganti, splendido il percorso alla texana di Sympathy, mentre il songwriting si forgia in brani acustici più introspettivi come Tear, l’ottima Blade e The Only Drug mentre il country lo abbraccia in Same Old Tune ed il risultato è quanto mai suggestivo se si pensa alla versione alternativa rootsy, una piccola gemma comunque la si rigiri.
Violini sentimentali di Tony Fox che lo accompagnano in una dolce ballata come Dark Shines Through che usa anche nelle versioni live acustiche che iniziano con i versi di un romantico condannato di Til the Day, con la dylaniana I Didn't Mean To Hurt You più intensa di Axeman of New Orleans, più nella norma. Tra le bonus track una rivisitazione piacevole di un classico di Johnny Cash, Folsom Prison Blues, l’indiavolata So God Damned Lonely tra country e rock, l’elettro-acustica Old Wedding Ring concludendo con l’altro lato del Natale di una incantevole Christmas on Red River. Un songwriter da riscoprire perché ne vale la pena!