GUTHRIE KENNARD (Ranch Road)
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  Recensione del  11/11/2005
    

Dopo una lunga carriera trascorsa a collaborare per grandi musicisti, Guthrie Kennard ha deciso che il tempo era maturo per cogliere i frutti della sua scrittura che -seppur nelle retrovie- coltivava da tempo seguendo la strada dei suoi colleghi musicisti. Ranch Road si colloca tra gli storyteller folk texani e Ray Wylie Hubbard, quest'ultimo è molto più di un caro amico (sua la produzione e non rinuncia ad intervenire in un paio di brani e naturalmente la sua chitarra lascia il segno!), ma il tocco del maestro lo si avverte maggiormente nella voce e nel tocco roots-bluesy di Ranch Road e si capisce allora che 12 anni a suonare il basso nella sua band non possono che condizionarne il songwriting e quel texas hill country blues che non impiega molto ad avvolgerti anche quando la scena è da folksinger, chitarra e avventure di strada.
Il lavoro magistrale nelle retrovie del caro Hubbard che solca la splendida My Third Dream mette comunque l’accento sulla capacità di Guthrie Kennard come paroliere, il brano ha una luce abbagliante, malinconica, con la voce di Jessica Walzer a suggellarne il refrain. Così allo stesso modo del maestro si affonda nella notturna Highway 80 dell’East Texas, gli spiriti di una Country Town bluesy sguazzano nel buio dove Johnny Dallas sembra viverci da tanto tempo ma stavolta il lato torbido è contaminato da una chitarra acustica gypsy.
Il sound è acustico eccetto quando entra in gioco Hubbard, Preacher è come le sabbie mobili, una preghiera per tutto ciò che rende misero il nostro bel mondo e da cui non si può scappare facilmente come sancisce quel lamento appena accennato dalla strumentale Juan’s Lament. Ecco la slide di Hubbard che entra di prepotenza nella ballata magnetica di Hummingbird ma il meglio lo da nella conclusiva Mother, ma questa serie di ballate hanno sempre qualche appiglio particolare a donarle spessore, la storiella piacevole di Somewhere in France non proprio un brutto sogno se la mattina ci si sveglia da qualche parte in terra d’Oltrape.
Si torna a solcare il new mexico e il folk-bluesy di The Unforgiven che ha qualità e spessore, armonica e passo alla Tom Ovans nella bella Pourin' rain, il ritmo si alza leggermente per la sinuosa River on the rise e Ain't Enough, quest’ultima co-scritta con Brett Raid, dove il messaggio necessita maggior risonanza soprattutto per quei giovani senza cervello e ideali:"…ain't enough radio playin' rock and roll, ain't enough rosin on that fiddler's bow". Con la dolcezza di Totterdown Guthrie Kennard chiude un disco maturo e convincente che troverà senz'altro un posto nella bacheca dei grandi songwriter texani.