JUSTIN TOWNES EARLE (Midnight at the Movies)
Discografia border=Pelle

        

  Recensione del  04/05/2009
    

La semplicità è stata la carta vincente del country old style del suo disco d’esordio, mettiamoci dentro anche l’EP autoprodotto Yuma oltre al convincente The Good Life, al terzo disco ci aggiunge un carico emozionale da folksinger di razza che seppur in rapida sequenza (brani che oscillano tra i 2 e 3 minuti –con la strumentale Dirty Rag che si ferma prima dei 60 secondi- per una mezz’oretta totale) fa palesare che il ragazzo impara in fretta ed ha assorbito fino in fondo la letteratura e il talento paterno. Midnight at the Movies rifinisce e assesta il colpo di grazia a tutti coloro che non avevano preso sul serio la sua ricerca e l’accostamento ad un country delle radici, tagliando frettolosamente i giudizi in un’malaugurato paragone in famiglia, dissacratorio nei versi di una struggente Mama’s Eyes "I've never known when to shut up/I ain't foolin' no one/I am my father's son."
La famiglia la lascia ai detrattori, lui pensa in grande e allarga i punti di vista con il folk-country mitologico che narra di un pezzo d’America e di un funerale di un eroe, la deliziosa The Killed John Henry che insieme al bluesy splendido della ballerina Halfway to Jackson si rigira intorno a tonalità acustiche ancor di più che nel passato, l’armonica e il basso ci sono e si fanno sentire, ma come se non volessero disturbare l’armonia di fondo, Walk Out diventa in questo modo irresistibile.
Non solo country che si era avvertito immediatamente dalla morbida ballata pop della title track che si avvicina più ai gusti del padre, ma per fortuna il Texas è nel cuore di ogni membro di famiglia così un paio di honky tonks come la piacevole malinconia di What I Mean to You e quello più spigliato di una dolce Poor Fool restituiscono l’Earle figlio, quello che sa meravigliarti con Can’t Hardly Wait, il brano che non ti aspetti, dai Replecements il suono di Paul Westerberg riletto in una cover incantevole.
Ma a lui piace bazzicare nei territori torbidi e intriganti, come quelli che ritrova negli occhi di una prostituta che lavora all’angolo del marciapiede dove è cresciuto, Black Eyed Suzy altra ballata elettro-acustica piena di poesia fatta melodia che anticipano un finale solitario e notturno, le emozioni diventano struggenti lungo Here We Go Again e in Someday I'll Be Forgiven for This dove la malinconia osserva dall’alto ciò che accade tra le persone che si preoccupano per i loro simili, al piano, cello e violino spetta il compito di duettare con il romanticismo e a Justin Townes Earle non spetta altro che appropriarsi del centro del palco per ricevere un meritato applauso.