RESENTMENTS (Roselight)
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  Recensione del  09/04/2009
    

Il super gruppo di Austin (suonano abitualmente al Saxon Pub verso le 7 del pomeriggio, ideale per un aperitivo dopo il lavoro), ovvero i legendari Resentments pubblicano il loro quarto disco e anche se camminano a dovuta distanza dai successi precedenti, l’andare in controtendenza a volte può regalare gradite sorprese proprio come quelle contenute in Roselight, dove la freschezza e il dinamismo di questi bravi musicisti, dal potenziale enorme, torna a dettar legge (la chitarra di Stephen Bruton e di Scrappy Jud Newcomb, il basso di Bruce Hughes e alla batteria John Chipman).
Suonano e si divertono ancora, anche se stavolta abbracciano il cuore e la terra della Texamericana e del folk-roots, ma di nuovo c’è anche l’assenza di Jon Dee Graham, il fulcro del suono delle passate incisioni ma lo scetticismo inziale va a naufragare sulla bellezza di un disco capace di offrire alcune perle elettro-acustiche tra fisa e aria di confine che da sole valgono l’acquisto del disco.
Infatti eccoli incamminarsi con un up-tempo delizioso come What Love Can Do nei suoni e nelle armonie avvolgenti tipiche texane, create da mandolino, chitarre acustiche e con la comparsata eccellente del grande Joel Guzman alla fisa, e se il contorno pop-rock di Look Up sembra appositamente incisa per ricordare Jon Dee Graham con quel lungo solo elettrico, ritornano a casa calando un’accoppiata da incorniciare: l’armonica di Johnny Nicholas che solca Wanderin’ Boy cantata da Scrappy è un texas blues splendido e poi la meravigliosa title-track composta da Bruton ed Escovedo, ci riconcilia con il tex-mex e il fascino della loro terra.
Si cambia rotta, c’è poco di scontato nel nuovo corso e il basso di Hughes spezza subito dopo e bruscamente il quadretto felice appena dipinto con pennellate folk-rootsy-bluesy ficcanti ma sempre piene di fascino, lo stesso che la chitarra magistrale di Newcomb ricama in Riverside, ballata dolce e suggestiva. Insomma i Resentments sanno ancora sedurre l’ascoltatore, ecco le atmosfere bluesy tra Struttin My Stuff a rivisitare alla grande un classico per poi concedere spazio alla chitarra di Bruton in Holdin’ On to Nothin’, melodia accattivante anche quando è il roots a farla da padrona in Where Did Our Time e quando c’è bisogno che il rock entri dalla porta principale, Nice to Meet You sa come farsi piacere.
Sorpresa non da poco è la rivisitazione della splendida Build Your Own Prison del mitico Billy Bob Thornton in compagnia dei fedeli Boxmasters, una ballata struggente che prepara ad un finale elettro-acustico senza sbavature con Gettin’ Good e la deliziosa Home scritta dal country folk singer Jeff Plankenhorn un rilassante texas folk rock che vive della stessa luce dell’intero Roselight. Tra i dischi più belli dei Resentments.