Quattro canzoni registrate nel piccolo studio amatoriale dell’amico con ancora in testa un nugolo di parole, questo lo scenario al momento di solcare lo studio di registrazione alla fine dello scorso anno quello che ha accolto un giovane songwriter pieno di speranze di ritorno da un lungo giro per il Canada.
Chad Kichula ha esordito nel 2005, un paio di EP e parecchie miglia insieme alla sola chitarra a suonare per 5-6 spettatori ma è un ragazzo che ha sempre lavorato sodo e ha maturato un bel po’ di esperienza e il clima del suo girovagare se l’è portato con se nel momento di incidere questo
Runners in the Night. “
She was told you could never go back. Once you got the keys to the Devil’s Cadillac” canta Chad nella splendida title-track, voce grossa contro la pseudo borghesia che sale e scende dal finto piedistallo che la società crea indifferentemente in giro per il mondo civilizzato, e se nell’energia delle sue canzoni vien fuori quella rabbia non si può che condividerne l’incazzatura se ci soffermiamo un’attimo a soppesare il clima denso del nostro quotidiano.
Un album maturo, da songwriter di razza, la scena popolare torna in primo piano come la cultura semplice proprio di chi è cresciuto in una piccola cittadina canadese con il vero Springsteen nelle orecchie ma anche l’impronta politica di Steve Earle riecheggia nelle sue canzoni: dalla trascinante scorribanda elettrica di
Too Damn Fast ai violini che portano l’aria country nel suo rock stradaiolo,
Crying in the Rain, l’attacco cashiano di
Word Shaker che poi si lascia andare e dispiega le ali. Nel 2007 ha realizzato ricevendo parecchi attestati di fiducia
Better in the Mornin’, 3 canzoni acustiche che lo hanno spinto sull’onda dell’entusiasmo ad incidere nel 2008 col piglio roots il single
Never Seen the Ocean che è entrato nelle charts americane, e tanto per capire la sua naturale propensione a cantare e scrivere di musica, incide
World Shaker, la title-track di un Ep realizzato ispirandosi al film Cool Hand Luke (Nick Mano Fredda con Paul Newman) dove esplora l’immaginario del cinema classico degli anni ’60 cambiando suono per un country scuro e polveroso.
Ma sono tutte canzoni genuine come quelle di
Runners in the Night, rock stradaiolo tra venature country e violini, roots e voce possente con un songwriting che alimenta il fuoco del rock di
Let you Be,
Third of December,
You’re Gone. Con la dolce
Another Love, impreziosita da uno struggente duetto armonica-violino, la poetica
Without a Song e la notevole roots ballad
Gotta Hold on Me sale alla ribalta il lato elettro-acustico introspettivo e romantico che mostrano anche la versalità del ragazzo e
Runners in the Night piace anche per questo e poi il roots incantevole della conclusiva
Restless Man non lascia dubbi sulle qualità del disco.