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Ecco un disco da rispolverare nel vero senso della parola anche se è un vinile. Ma davvero era necessario andare a ripescare questo
Waltz a Crossdress Texas in versione deluxe con l’aggiunta anche di un loro Ep? Certo che sì, dopo aver assistito alla chiusura indiavolata all’Habana Bar della giornata iniziale del South by Southwest, l’acquisto diventa scontato, diciamo necessario per riscoprire gli esordi più contaminati dal country degli
Hickoids.
Sì perché nel disco successivo hanno tirato troppo la corda e il granitico cow-punk sfoggiato con disinvoltura all’esordio si è assottigliato col tempo a semplice frastuono non molto originale. In quintetto scapestrato e irreverente di Austin nelle esibizioni live, specialmente in Texas, non dimentica per fortuna le proprie radici e sanno come movimentare una serata (credetemi la noia è qualcosa di indefinibile) anche se non proprio adatta se avete intenzione di programmarla in dolce compagnia: le parole, i gesti, gli ammiccamenti e l’alcol che scorre non solo dalla bottiglia sono il piatto forte dello spettacolo, molto lontano dal simbolo di espressività cantautorale texana.
Si sono formati nel 1983 e due anni dopo hanno svaligiato il palmares agli Austin Music Awards, gli Hickoids rappresentati dalla voce “morbida” di Jeff Smith e dalle chitarre di Davy Jones e Jukebox, hanno sempre avuto un’occhio vigile su ciò che l’orizzonte offriva, un susseguirsi prolifico di collaborazioni e il debutto nel 1985 con
We’re in It For the Corn, seguito da un EP del 1987
Hard Corn fino a questo
Waltz a Crossdress Texas datato 1989 dove l’old fashioned country e messo al servizio del punk-rock: vocine femminili da cartoon a beffeggiare il tema centrale del brano di apertura,
Queen of the Bar-b-q, mentre la slide dispiega un country molto verace e Jeff con voce stridula ci porta in giro e in perfetta lingua da confine continua a far la voce grossa anche nella saltellante
Pennsylvania Mexican, altro country-punk con riff e coretti che rispettano a lor modo l’aria di confine, si divertono a prendere in giro ed ecco affrontare le tradizioni del country in
There Stand The Glass, la voce flebile e il piano di fondo fanno ruotare all’indietro le pagine del calendario molto velocemente se non fosse per la telecaster molto viva, seppur lasciata nell’atrio.
Birra e punk per
Toothpick Man, molto nervosa e piena di riff ma ecco le trombe e il clima western della strumentale
Jumping Bean Bolero sono lì a disorientare il tutto, con un coda chitarristica che sembra preannunciare le fasi di un duello sotto al sole. Banda di pazzoidi, che lasciano il segno comunque, come con la splendida
Brand New Year, slide e country a tinte grosse, molto verace e chiassoso alla maniera degli
Hickoids ovviamente, quindi potrete immaginare il livello del refrain che comunque canterete insieme a loro immediatamente, mischiando ancora le carte nel finale col punk di
Mr Punk Rock Voo-doo Man e con la spassosa e sfrenata
Get Back in the Truck.
Un disco breve, una ventina di minuti ecco perché l’aggiunta dell’EP
Hard Corn risulta calzante: altre quatto canzoni, una bella country song come
Driftwood 4023, senza alzare troppo la voce e melodia alla texana mentre
Vittles è uno strascicato cow-punk non male lasciando due coriacee cover a chiudere: ricordate
Kung Fu Fighting di Carl Douglas? Ebbene per gli Hickoids diventa
Corn Foo Fighting, ma sempre splendida mentre non riconoscerete la seconda, una
Take it Easy degli Eagles cantata a squarciagola. Figli di buona donna molto ma molto simpatici.