CLAY McCLINTON (Son of a Gun)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  18/08/2006
    

Musicista completo, chitarrista di talento ma anche come paroliere riesce a destreggiarsi senza fatica, l’unica cosa che è mancata nel suo debutto Out of Blue è stato un pizzico di coinvolgemento in più, ancorato ad un suono blues classico troppo dentro gli schemi (lasciando sul fondo il texas che una meravigliosa Jeremiah ricamava in perfetta solitudine).
Quest’ultimo Son of a Gun è senz’altro migliore, non solo per aver coinvolto un numero di musicisti maggiore, ma per essere riuscito a fondere l’honky tonk al delta blues con un pizzico di rock tanto che il suo suond eclettico trova la melodia restando con i piedi ancorato nella sua terra, il Texas. "Ain't no doctor, no politician, I'm just a simple man. Give what I got, take what I need, I do the best that I can." Sono i versi che aprono Son of a Gun e One of Those Guys, il rock detta i tempi e il blues serve ad incorniciare il lavoro ai testi condivisi con altri songwriter e poi la band ha fatto il resto, il pianista Andrew Bett (che ha partecipato alla stesura del magnetico slow-bluesy di The Man I Wanna Be, brano splendido) si lancia in un solo che tiene testa alle chitarre, il tutto è ben dosato e il brano è trascinante.
A Thing for you è vivace, passaggi alle tastiere forse un po’ troppo stucchevoli ma Clay la tiene a galla, di tutt’altro livello il bluesy della deliziosa If We Don’t Work Together, serviva la politica per tirare fuori la sua capacità di suonare la chitarra, certo non si può tenere in disparte la figura del padre, Delber McClinton che scrive insieme al figlio la dolce Missing You (al violino spetta il compito di spalleggiare la scia sentimentale), ma lo aiuta anche al canto e nell’altro brano a quattro mani, classico blues monocorde, Howlin’ at the Moon (in definitiva è un lungo sodalizio cominciato dalla sua infanzia a Fort Worth dove gli ha insegnato a suonare l’armonica e la chitarra, trovando da solo la strada verso Austin per diventare un musicista e solcando i palchi sia di Nashville che della lontana Europa, esperienze alla base del suo primo lavoro).
Preferibili il violino chiassoso di Big Deep, che comunque viaggia in tutta sicurezza anche con solo al timone il piano di Bett che è protagonista anche non solo dei ricordi del Tennessee che infarciscono Homesick Blues con quei semplici e piccoli felici tocchi con Clay che la canta alla texana (forse per la vicinanza del violino che non manca mai quando si tratta di scrivere buona musica) ma anche in Worn Down to the Bone, dove il lavoro al piano diventa fondamentale per dispiegare il fascino da backstage di un tipico film western. Piccola perla che trova compagnia nei colori densi di una brillante What Can’t Be Understood, rubando per la chiusura l’aria honky tonk alla Lovett in Listening to the Rain.