A leggere della marea di spettacoli nelle bettole nel circondario di New York, sembra davvero strano che siano riusciti a suonare così costantemente a ritmo di country e rock fin dal 1997, data in cui i
The Dark Horses si sono guadagnati, a dispetto dello scetticismo generale, il richiamo da terre più soleggiate, propense ad accoglierli a braccia aperte.
A sentire
Come Along non si può dare torto a colui che li ha spinti prima in uno studio di registrazione alle soglie del 2000 e poi on the road, perchè dal suono traspare nostalgia per la costa californiana ma si collocano nelle vicinanze dei Bastard Sons of Johnny Cash, suoni caldi molto contagiosi come
The Reason Why mostra in apertura, country luminoso e slide che da spettacolo ed è difficile starsene fermi, brano di pura bellezza che J.D. Hughes canta con trasporto e a sentire come attacca nello slow-roots di una splendida
Come Along, i ragazzi sanno come far combaciare melodia al sole del Texas.
Tracce di americana lungo il country elettrico di una leggiadra
Over the Line, strumentazione molto ricca ma stavolta a condurre il gioco ci pensa la voce impostata di Sam Park,
West Side Blues è un’altra ballata elettro-acustica piena di fascino e di slide guitar,
Everything Must Go un honky tonk verace decisamente più interessante della languida
Better than Nothing che non luccica come il resto di
Come Along.
Dalla coralità agreste di una danzerina
Where Will You Live che va a braccetto con la scoppiettante vitalità di
The Fine Line, ma anche con la ruspante
Rain Comes Down, piccolo gioiellino, si va a chiudere il sipario di Come Along con una ballata
What Tomorrow Brings a cui bisogna dare il tempo di schiudersi (stessa cosa per la malinconia di
The Motherlade).