Un nome da segnarsi da qualche parte quello dei
Barnhill. Sanno perfettamente come amalgamare il rock e le atmosfere del Texas, convincente è il risultato finale di un
Born quantomai elettrico e incendiario, molto vigore e tracce roots tipiche della loro terra. Stacey Barnhill suona chitarra e armonica, voce solida e una band che lo segue da tempo con qualche azzeccata partecipazione di strumentisti dalla scena di Austin, specialmente nelle performance al mandolino.
Born è un distillato di cupe e ariose rock songs, riflettono il periodo di crescita di Stacey tra la musica, l’Highschool e le radio locali senza commettere l’errore di tuffarsi nel mercato come un novellino cercando di arruffianarsi i ragazzini con qualche sfuriata rock, ma decidendo di prendere la via della strada sotto la guida dello zio, Don Crider noto chitarrista: inizia così a plasmare il suo modo di scrivere intorno alle esperienze nella periferia di Austin a cui seguiranno amicizie e formazione di una band che inizierà a suonare come apripista per gli Honeybrowne, per poi convolare nel primo progetto musicale,
Join the Circus, debutto del 2006 con buone risposte sia dal pubblico che dalla critica e prime avvisaglie di un suono tosto, che sconfina in territorio southern restando ancorato alla texas music.
Born inizia a carburare sin dall’inizio, poi ingrana la quarta e se la dimentica inserita per tutta la durata del disco: dalle atmosfere di una rock ballad deliziosa come
Call You Up prende le misure alla melodia con l’organo molto anni 70’ ma i riff dettano la strada di
Seven Four, ariosa texas rock song per proseguire con la cupa
Mary Jane, tracce southern quanto mai indovinate a rappresentare il suo amorevole intento, chitarre corrosive e batteria ruvida per lasciare un segno indelebile a Born. Riflessivo l’inizio di
What Might Have Been, chitarre a basso voltaggio ma il fascino resta perché non cade mai in banali giri melodici ma si ritorna a viaggiare a tutta birra insieme ad un’armonica fiera e rootsy nella splendida rock song di
Long Gone, stampo classico texano e si viaggia ad occhi chiusi perché Barnhill conosce la strada di casa molto bene.
Altre chitarre spavalde per
I Fell In Love, gioia dei cuori che trovano l’aria corale e danzerina da bar-room, il piano scalda l’ambiente e il resto lo fanno i riff nelle retrovie, l’altra faccia della medaglia comunque esiste e la brillante ballata rock di
I Hate Today la descrive in tutte le sue contraddizioni.
3AM ha proprio quell’aria assonnata di prima mattina con qualche guizzo nella coda finale che la tira su e sembra fatta apposta per esaltare il finale: da una parte offre la meravigliosa
How Did I Lose Your Love, mandolino e la melodia acustica che l’avvolge hanno tutto il sole del Texas, rootsy ballad che apre il cuore e dall’altra la ruvida
I’m Your Man che sotto la dura scorza regala fendenti deliziosi.
Barnhill un nome da ricordare (per i distratti e necessario ripetersi!)