PHIL PRITCHETT (The Bullfighter Returns)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  01/02/2009
    

Phil Pritchett è un ragazzo particolare, dalle idee e dagli obiettivi non sempre apprezzati da chi si accosta alla musica solo per ricavarne profitti. Nel 2001 ha lasciato Nashville per trasferirsi nel Texas per cercare di “cambiare in meglio la country music”, le sue parole non hanno sempre trovato terreno fertile nelle persone accanto a lui, ma stabilitosi ad Austin con la sua famiglia ha continuato nel suo intento, a stare dalla parte di chi lavora sodo per fare musica e lontano da quelli che hanno solo una buona dimistichezza con le parole, quelli che prima di produrre un disco pensano a quanto possa essere il ricavo dalla vendita del biglietto.
Pritchett è un tipo in gamba, lontano dalle luci del mainstream, di dischi ne ha incisi una decina, con una sua casa di produzione aperta a tutti, è partito con il country per poi virare pian piano al rock, diventato muscolare col passare del tempo fino a quest’ultimo The Bullfighters Return, e come da sua prerogativa poche chiacchiere e via on the road a suonare… La notorietà è arrivata nel 2002 con Tougher Than The Rest ma da tempo lo applaudivano in Europa e in Australia, dando la possibilità a molti suoi patrioti di riscoprire i suoi dischi, le sue canzoni e apprezzarlo particolarmente nelle esibizioni dal vivo, Phil Comes Alive del ‘98 fino al più recente Cool and Unusual Punishment: Live, 14 canzoni intense e piene di chitarre.
Sano rock senza fronzoli come si intuisce dai riff che riempiono All Want to Do Is, suono caldo alla texana e clima western che si respirano nella title-track dove la strumentazione è ricca e tambureggiante e mentre Pritchett snoda le sue storie, la virata del refrain è quanto di meglio ci si poteva aspettare, nel suo dolce e intenso modo di afferrarti, prendendo in prestito lo stile seventy, molto corale, imbastisce una canzone coi fiocchi. ‘I Lost my mind’ canta in Girl of All Seasons, un omaggio sentito in una dolce rock ballad di stampo classico forse un po’ troppo ripetitiva, ma nulla toglie all’armonia generale, più ruvida in Living Isn’t An Easy Thing to Do alla Willie Nile quando decide di accostarsi al rock metropolitano.
Altra ballata di pura bellezza è Thieves in the Market, cantata con trasporto, intima e struggente per quattro minuti molto suggestivi che distolgono ogni pensiero e mostrano appieno le qualità di Phil Pritchett, tra chitarre acustiche quanto mai essenziali una perla da riascoltare e riascoltare. Tempo di ritornare a rocckare dall’altalenante If you Listen too many People si passa alla più incisiva e riuscita I’m Gonna find that Girl per chiudere con l’aria bluesy della scoppiettante Find My Own Way (And be Happy with Where i Go). Grande Pritchett.