È un piacere risentire il nome di
Stewart Mann dopo averlo scoperto per caso tra le migliaia di dischi usati e accastati in un angolo polveroso del Cheapo Records Store in quel di Austin molti anni fa. Ebbene da quel disco assai ruspante, si denota che quella voglia di suonare non è affatto andata persa e ogni notte è quella giusta per tirare l’alba con i nuovi amici degli Statesboro Revue: ben 225 show nella passata annata e non intendono mollare la presa specialmente da quando sul mercato discografico è arrivato il loro "secondo" disco dopo
Stuck in Here.
Il songwriter Stewart Mann, voce e chitarra, dai Pedernales Studios del mito Willie Nelson porta con se un dischetto breve di una mezz’oretta, ma onesto ed energico con qualche mistura pop che non stona nel suo approccio ad un rock dai lineamenti red dirt e accenni blues, tutti relegati nei lampi della chitarra di Ryan Dunning. La voce è migliorata, molto più carismatica e particolare, forse ha preso tutto dal nonno che suonava in quel di San Antonio, con i Bluebonnet Ramblers, intorno agli anni settanta in un piccolo locale che è stato come un trampolino di lancio per la sua passione musicale: lo ha portato prima a Nashville e al country tradizionale per poi ritornare in Texas per laurearsi e dar sfogo all’interessante progetto dei
5 Mile (convincente in
Keep On Ridin’) tipica texas music, tra chitarre, roots e country portati nel cuore.
Gli anni passano, nuove esperienze, nuove band, il suono cambia, il suono ruspante lo accantona ma resta la qualità nelle sue rock songs e ballate: il south-Texas del precedente Stuck in Here torna in una nuova versione con qualche new entry per una seria distribuzione, ma la gente che gira in continuazione nelle sue canzoni, i loro piccoli e ripetitivi doveri quotidiani restano attuali e fresche: la sensualità dei riff che accompagnano la rock-ballad di
Lady mettono in risalto le sue qualità vocali nella malinconia di fondo, marchio della sua terra con il suggello di una deliziosa armonica a mantenere dense le sensazioni positive che il brano regala, una piccola perla… le chitarre e il ritmo si alzano in
Nickel and Dimes, morbido rock alla texana che cambia ritmo con felici intuizioni chitarristiche, le stesse che accompagnano Mann nella coralità di una ballata deliziosa come
Take you Away, brano arioso e intenso che prosegue nella trascinante
Stuck in Here, dove il registro cambia verso chitarre bluesy con tanto di organo e coretto soul stile seventy decisamente particolare.
Una ballata tutta cuore è annunciata dal piano che apre dolcemente e che segue
Long Black Limousine nel suo lento percorso passionale, ma nessun scivolone, la canzone ha il suo fascino lo stesso di
Please Come Home che s’illumina improvvisamente, le chitarre diventano più cupe, la voce alza i toni, ma resta splendida per tutti i suoi 3 minuti. Non si può dire che
Drink of Heartache sia cantata sottovoce, altra ballata elettro-acustica giocata sull’accoppiata voce-chitarra da brividi stavolta, per chiudere dopo soli 8 brani con il rock di
Distant Land. Sperando di ritrovarlo alla prova con un ‘intero’ album godiamoci un assaggio delle qualità di
Stewart Mann.