HAWKES (The Hawkes)
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  Recensione del  01/02/2009
    

Da Fort Worth un viaggio nel country tra Nashville e il Texas con un quartetto al disco d’esordio capitanato da Josh Ward, vocal e songwriter, e dal chitarrista Neal Cowan, amici sin dall’infanzia e molto legati alle tradizioni della loro terra e ai loro suoni, molti vinile e roba fin troppo zuccherosa ma col passare degli anni e specialmente dopo aver masticato la polvere dei tanti palcoscenici di provincia, hanno stretto amicizie che sono diventate fruttuose nel tempo e poi hanno la carica della loro età e quei pochi e indovinati sconfinamenti nel rock chitarristico plasmano il suono di The Hawkes in modo da renderlo a tutti gli effetti un prodotto made in Texas. Molti riconoscimenti dopo le loro comparsate radiofoniche e specialmente nelle road-house, ma solo lo scorso anno con la conoscenza del veterano chitarrista Scott Jenkins il suono e la compattezza della band ha preso una forma definitiva, donando un’anima ad un disco pregno delle tradizioni della country music, melodia e sentimenti a volte fin troppo espliciti, ma il risultato è piuttosto omogeneo, senz’altro danzerino ma anche energico, guitar songs corpose che dividono la scena con la malinconia e i valzeroni alla nashville.
Gone the Wind potrebbe indirizzarvi su altre strade con quei tocchi intensi alla chitarra, uno splendido viaggio nelle terre sconfinate e solitarie del Lone Star State, dove tra un concerto e l’altro di strada ne capita di attraversare e i pensieri sono raccolti in quelle lunghe e deliziose jam dall’aria triste, la stessa che riversano nelle successive canzoni, con tocchi stavolta molto country style: dai violini e piano che attraversano Heart Take the Wheel, con la slide e l’amore che entrano in scena di prepotenza, molto nashville ma si ascolta, alla dolce ballata Where I Fit In che è sulla stessa linea e strumentazione, andamento leggero, gioca sulla melodia, gran lavoro alla slide e un dolce mandolino in lontananza e siamo più verso casa e si apprezza di cuore, così restiamo in tema… Ma anche Roll Off My Lips e Long Way to Fort Worth altre ballate tutte batticuori e piene di fascino, slide e piano sempre in perfetta sintonia e poi Josh le canta con il giusto trasporto.
Piove nell’intro di Cold Heart, compaiono le chitarre elettriche e il suono si sposta a toccare anche senza grosse impennate, terreni rock, dove il pathos necessario lo si raggiunge grazie a virtuosismi e riff deliziosi in sintonia all’aria cupa di fondo, Josh indurisce la voce e la canzone ti avvolge pian piano. Splendido duetto insieme al rock arioso di una trascinante Down, suono corale, la band entra in circolo con le chitarre che corrono sempre in solitaria e i The Hawkes mostrano l’altra faccia del disco: rock e texas style a braccetto. A chiudere un altro paio di ballate elettro-acustiche sempre ‘sofferte’, What to Say e Pure and Deep, quest’ultima in duetto con Courtney Patton, con un primo e unico raggio di sole nella felice Put This Guitar Down, rockaccio country brillante e What You Do to Me che se non brilla per originalità ha dalla sua un prezioso e vitale supporto chitarristico. Con una ghost track acustica, voce e chitarra, The Hawkes taglia il traguardo in scioltezza e senza spingere sull’accelleratore imbastiscono un disco godibile, non certo ruspante, piccole jam e country ballad tutte sentimento e poco miele che rappresentano l’altra faccia sana della Texas Music.