Strano a dirsi, ma le trame cashiane e alla Waylon Jennings che contraddistinguono i
Bourbon Crow nascono dall’idea di
Wednesday 13 pseudonimo di
Joseph Poole, un cantante che a vederlo mascherato col costume molto transylvanya-style fa un certo effetto, ma piace ai fan dell’horror-metal ed ha pubblicato ben tre dischi con realizzazioni e progetti che si estendono al fumetto, passando per show televisivi. Da tutto ciò non si capisce come mai sia stato folgorato dal country, quello che strizza l’occhio ai fuorilegge e alle lande solitarie da western movie pieni di insidie.
Questa uscita di strada ha portato ad
Highway to Hangovers, una bella sorpresa bisogna ammetterlo, dove sembra essere tornati al periodo florido della country music, poco incline al commerciale, quello che
Hank III suona meravigliosamente e i
Bourbon Crow non sono da meno –con le dovute distanze-, ma queste canzoni dal tasso alcolico e piene di figure e sensualità femminile, hanno quello stesso spirito e poi basta leggere i titoli dei brani fin dal dall’iniziale
Alcohol Express dove il suono in lontananza del treno e l’atmosfera acustica e corale dei Bourbon Crow mettono in tavola un country-roots sporco e sentimentale, nel ricordo del passato ma squarciato da riff taglienti per un brano splendido.
Un album di breve durata, una mezz’ora soltanto se si pensa alle 13 totali che viaggiano spedite senza far incetta di nessuna parodia delle leggende country, ma usando invece molto humor come fanno girare lungo la ballata
A Dead Body con il suo lento incedere, armonica e il Mexico che si intravede in lontananza o in
Lord Put My Girl, sempre elettro-acustica ma sostenuta da una voce forte ad invocare in ginocchio con una preghiera, che il Signore accolga la sua richiesta… La satira migliore d’altronde gioca sull’acohol, sesso e morte tra
Bed in The Desert, altra ballata country-roots splendida chiusa con una pistolettata finale, alla vivace e danzerina
Drink ‘Til You Ain’t Ugly arricchita da un solo chitarristico quantomai azzeccato mentre il Jack Daniel’s annebbia i pensieri ed è protagonista anche di
Suck My Dixie, altro viaggio rootsy affascinante con una coda finale lasciata ad un suggestivo mandolino.
L’unico cambio di direzione è nel rockaccio agreste di
I’m not Hungover, non proprio originale che stona rispetto all’andamento di Highway to Hangovers e infatti con l’aria border di
Bolts in This Redneck si rivede la luce, quella calda e struggente di malinconia come l’intensa elegia di una godibile
Headed for the Altar, western roots fiero e fischiettante. Più corale ma sempre con quella vena di malinconia, scorre spensierata
I Wanna Go tornando a solcare i movie-western con la pastosa
Rid of the Devil chiudendo in gran spolvero con la trascinante
I Wish I Cared, il ritmo si alza e la festa cowboy è servita, dove il whiskey la fa da padrona e
Alcohol is Awesome non poteva che essere il loro ultimo ‘colorito’ omaggio.
Salite in sella con i
Bourbon Crow per un curioso viaggio tra cowboy e ricordi del West.