SHURMAN (Waiting for the Sunset)
Discografia border=Pelle

  

  Recensione del  02/01/2009
    

Aaron Beavers e la sua band californiana degli Shurman se ne infischiano del suono tanto radio-friendly che chiede il mercato e vanno avanti per la loro strada. Quarto disco: tanta energia, chitarre è quello che vi aspetta dall’ascolto di Waiting for the Sunset, dove si continua a registrare in studio come se fossero su di un palco. Una sessione, un disco, stesso metodo del passato usato per Jubilee.
Sempre con il rock in prima linea, ma qua e la compaiono a sprazzi ricordi agresti, non parlo solo della gradevole brezza di Country Ain’t Country che è tutto nel titolo, ma anche della dolce ballata in solitaria, solo voce e chitarra, di Lonesome LA Blues alzando poi il tiro per un finale bello scoppiettante.
D’altronde Beavers è cresciuto tra il Texas e la Georgia, il suo modo di cantare fa onore alle sue origini, poi il songwriting tra uno spostamento e l’altro si è forticato, la descrizione e le considerazioni sul genere umano, sulle sue condizioni, i sogni infranti ad esempio della trascinante Small Town Tragedy, descrivono il viaggio speranzoso di una ragazza verso la grande città con una fervida descrizione dei luoghi che avvalora la qualità della sua scrittura.
Anche la guerra e la politica si affacciano nella splendida Here’s to Rock n Roll, dove in prima persona si narrano le vicende di un uomo che ha perso la vita in combattimento, gli Shurman si soffermano su questi soldati che stanno tornando a casa pieni di ferite che sono visibili sui loro corpi con un rock secco, chitarristico e pieno di scatti bruschi ad avvalorare il grigiore di quei momenti.
Prodotto a Nashville col titolo che rimanda a Jim Morrison, è un disco che all’avvio parte a tutta birra, l’intro di Best Your Ever Had scuote a dovere, la voce si incupisce e il sound roccioso comunque gioca sulla melodia, a cui girano attorno nella nervosa Didn’t I, con She’s the One e Big Things più nella norma esagerando forse un po’ troppo con I’m not Crazy. Ma gli Shurman non hanno niente da rimproverarsi, Wonder Where You Are è lì apposta verso la fine del disco a chiarire il concetto insieme al ruspante country-rock tutta birra e riff di Three Chords.