BRANDON JENKINS (Faster Than A Stone)
Discografia border=parole del Pelle

          

  Recensione del  02/01/2009
    

Scambiato spesso per un cantante hard rock o un wrestler di successo (l’essere pelato, avere molti tatuaggi ed essere bello paffuto non aiuta molto a far vacillare queste etichette), ma Brandon Jenkins è da una decade appartenente alla scena musicale dell’Oklahoma, un songwriter di grande carisma che ha trovato con gli anni trascorsi in Texas la propria strada, e album dopo album ha lasciato entrare il rock a completare la sua crescita musicale dai primi passi mossi nel country-folk, assemblando col tempo un suono e una band del tutto particolare.
Dischi sempre leggermenti diversi ma sempre di ottima qualità, certo è da preferire quando prende il cuore del Texas e lo mischia all’aria di confine quella che è purtroppo scomparsa in questo ultimo lavoro Faster Than A Stone, dove lascia maggior (troppo) spazio al blues: il fascino e la qualità resta immutata, ma non ai livelli del passato. Diciamo che ritorna nella “terra rossa” di casa perdendo qualcosa per strada, lo si denota dai riff della title-track, decisamente muscolari, dove è costretto ad indurire la voce.
Cura sempre in modo particolare i testi, tocca lo spirito e la religione, l’amore e le donne, le infarcisce di concetti essenziali aiutandosi con il rock, si mantiene sul filo del blues con Damn your Eyes per poi lasciare alla band i tempi giusti per graffiare. Just Like a California è più corale, una canzone alla Jenkins in poche parole: la voce sempre splendida, prende per mano il brano per poi temperarlo coi colori caldi della sua terra, invece un classico bluesy lo trovate in Big Mama’s Kitchen o in Help Me Jesus che francamente non mi convincono molto, preferisco l’aria malinconica che avvolge la ballata Probably Die Alone, si lascia alle parole il compito di assecondare la sola necessità di musica, pensieri e una dolce armonia con un solo splendido, vanno ad incorniciare un brano convincente.
Lo schioccare delle dita che apre la piacevole atmosfera di I Never Figured It Out è l’inizio di un viaggio nel red dirt sound, secco e diretto come cerca di fare a sprazzi Never Any Doubt. A chiudere una ballata di indubbio valore come Till The Morning Comes e la nervosa Got to Be. Un disco transitorio dove non tutto gira nel verso giusto, il Texas resta lontano e sarebbe opportuno non abbandonarlo del tutto per il futuro della sua musica.