Chi ama il West, la vita dei fuorilegge e le sue storie prima o poi gli capiterà di avere tra le mani un libro di Cormac McCarthy o come nel mio caso, attraverso la trasposizione cinematografica (non parlo dell’ultimo film dei Coen, Non è un paese per Vecchi, ma di quello alle soglie del nuovo millennio di Billy Bob Thornton, ovvero Cavalli Selvaggi). Ebbene
Ben Nichols per il suo debutto in solitaria, lontano dai
Lucero (prossimo disco la prossima primavera…) sceglie una manciata di canzoni, venti minuti per un EP che dovrebbe trovare una versione definitiva ad inizio del nuovo anno, ispirato al mondo del Meridiano di Sangue del 1985. La vita del “Kid” ragazzo al confine del Messico che insegue la temuta gang del giudice Holden entra di sana pianta a far da contorno a languide e ruspanti ballate avvolte in sonorità acustiche, con la fisa e l’aria di confine, la stessa che avvolgeva la trilogia a cavallo degli anni ’90 dei cowboy John Grady e Billy Parham.
Lì dei capolavori naturalmente, mentre nel nostro lettore cd una colonna sonora western affascinante. Il talento di Nichols è limpido sin dalla title-track che apre l’EP “
In my hands I hold the ashes, In my veins black pitch runs, In my chest the fire catches, In my way a setting sun…”, chitarra acustica che avvolge la sua bella voce, malinconica e struggente come la slide che compare alle luci del West, descritto con passione mentre la fisa appare in lontananza a donare quel fascino che quelle parole pretendono e che appartengono all’immaginario di un America affascinante e spietata come racconta The Kid nell’attacco di “
We killed in the desert we killed in the streets”, altra ballata deliziosa come
Chambers tra Texas, Mexico e California o come nella solitaria e intensa
Toadvine dove è il piano a diventare protagonista, corrono spedite invece un’accoppiata splendida: da
Davy Brown, viaggio elettro-acustico con in più la presenza di magnetici riff a far compagnia alla magia della fisa che solcano anche
Tobin, con quel tocco border a renderla unica e struggente.
Chiude la strumentale
The Judge. Sette canzoni aspettando la versione definitiva, ma anche 20 minuti possono bastare a musicisti come
Ben Nichols per meritarsi qualche riga.