HANK III (Damn Right Rebel Proud)
Discografia border=Pelle

     

  

  Recensione del  01/12/2008


    

Shelton Hank Williams III nato a Nashville è il nipote di Hank Williams e il figlio di Hank Jr., in poche parole il country lui ce l’ha nel dna. A differenza della sua famiglia Hank III ha nel sangue anche le sfuriate giovanili dei suoi tempi, tra punk e hardcore fumoso e spiritato ma per fortuna l’aria da fuorilegge è sempre stata con lui comunque, fin dal 1996 anno del primo contratto spinto con forza dalla casa discografica Music City Giant Curb, felice di poter annoverare nella propria scuderia tutte e tre le voci della famiglia Williams.
Ma quello è stato anche l’inizio della turbolenta storia tra Hank Williams III e Curb. Infatti Hank non è che amasse gli steccati imposti da Nashville e con la sua Damn Band amava suonare delle meravigliose ballate e selvaggi honky-tonk ma non disdegnava le parentesi furiose con il combo degli Assjack che evidenziavano il suo amore per il punk estremo. Così dal debutto nel 1999 con Risin’ Outlaw si ricorda per aver fatto fiasco alle vendite e non che era un disco interessante, ma a sbandierare la propria indipendenza musicale ci ha pensato nel 2002 con l’ottimo Lovesick, Broke & Driftin’ dove l’irascibile Hank III a chiudere il disco ci infilava una rilettura a dir poco splendida di Atlantic City.
Insomma c’era poco da fare, Hank III era particolare e lo dimostra il progetto seguente mai pubblicato da Curb che si rifiutò dopo averlo ascoltato, parlo di This Ain’t Country, country appena abbozzato miscelato all’hardcore del brutale frontman dei Pantera Phil Anselmo (ho avuto la fortuna di vederli tutti insieme in un’edizione del South by Southwest, da paura il doppio set country/hardcore per uno dei miglior concerti di sempre!!!) Da allora una campagna contro Curb a suon di Fuck e magliette a suo nome vendute sul suo sito contro di lui. Un successo naturalmente come anche la distribuzione del suo disco sempre via internet. Le cose col tempo si addolciscono, nel 2006 Straight to Hell ha messo d’accordo tutti, un cd country tradizionale alla Hank III naturalmente e un secondo per la sua attitudine al ribelle, ma molto soft.
Una essenziale e doverosa parentesi per presentare il suo capolavoro, il nuovo è folgorante disco, Damn Right Rebel Proud. Non corrono solo Whiskey e donne tra le sue canzoni, ci sono momenti di pura bellezza che solo un’amante della country music è in grado di riversare in musica, tra ragazzi che lavorano per vivere aspettando un cambiamento, parole forti e suoni più cupi. Apre il disco con una canzone che ha fatto storia, The Grand Ole Opry (Ain’t so Grand), una canzone che resiste al tempo dal lontano 1952, col suo country Hank III la risveglia e rifiorisce ancora una volta tra banjo, mandolino e violini. Tra temi classici e suoni ruspanti, You’re the Reason, Six Pack of Beer e Me And My Friends si guadagnano tra slide assassine un posto d’onore affianco ai demoni che sguazzano in una serie di splendide slow-roots-country come I Wish I Knew, nell’amabile e felice Candidate for Suicide e nell’incantevole Stoned & Alone e dove si avverte che dopotutto non è che Hank ami molto la sua vita.
Dal torbido e grandioso country-bluesy di If You Can’t Help Your Own fino a distorcere la voce attraverso la fiammante H8 Line e il Texas urlato a squarciagola in Long Hauls and Close Calls che ha gli spiriti degli Assjack tra i violini, i mandolini e chitarre indiavolate per continuare nei dieci minuti all’inferno della spassosa e trascinante P.F.F. dedicata alla leggenda punk G.G. Allin ed è difficile stare dietro alla marea di Fuck che volano a destra e sinistra. Semplicemente meravigliosa nei suoi cambi di ritmo, a tutto volume mi raccomando. A chiudere, In 3 Shades of Black canta della depressione, chitarra acustica malinconica e voce struggente e rabbiosa, concludendo con il duetto con Bobby Wayne in Working Man dove si lavora duro per permettere alla propria famiglia di vivere senza timori, in continua lotta con le tasse, l’inflazione e con al massimo qualche drink a fine giornata per mandare giù anche lui quella vita. Non poteva che essere la conclusione perfetta per il viaggio di Damn Right Rebel Proud, ovvero all’inferno.