JAMES DUNN (The Long Ride Home)
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  Recensione del  28/11/2008
    

Di James Dunn non conosco molto, ha alle spalle un EP di esordio Lonely American Dream del 2006, ma The Long Ride Home credo sia il suo disco migliore. Il vero spirito del rock americano sembra venir fuori dalle tracce di questo album, lui che quando si racconta parla del periodo del college con Born To Run tra i suoi dischi preferiti e dello stereo della sua macchina che diffondeva solo puro rock, quello pieno di poesia e passione come appunto lo Springsteen degli anni d’oro e mai avrebbe pensato che dal New Jersey sarebbe finito in North Carolina a scrivere e suonare musica.
Voce e testi da navigato songwriter, suono tra americana e rock stradaiolo con Dunn a perfetto agio con le storie di amicizia e di vita piene di nostalgia ma anche di riff solari delle chitarre elettriche che non lo lasciano mai solo. Bella voce che balza immediatamente a catturare l’attenzione quando ascolti l’attacco della splendida Find My Way, mentre il piano ricama la melodia attorno alla sua voce molti pensieri ti vengono in mente, lo accosti a molti songwriter che ami da tempo e James Dunn sembra volersi unire a loro mentre ascolti questo brano d’apertura di The Long Ride Home.
Un’apertura col botto, non si esagera affatto davanti a tanta bellezza, Oak Tree ce lo fa vedere sotto un’altra luce, ma cambia solo la prospettiva perché il brano è intenso e scalpita, qualche venatura country ma sempre un suono fresco e rock. Ballate elettriche che si infiammano, Oh my don’t cry leggera e godibile nel suo refrain assassino, Card on the Table a spezzare il ritmo iniziale, un ballata elettrica per lasciare all’ascoltatore di godere anche della sua scrittura, intensa come la melodia che costruisce via via lungo The Long Ride Home, la stessa title-track con cui riprende le redini di un rock poetico e graffiante allo stesso tempo, il brano entra di diritto tra i più belli e se da una parte rivanga il suo mito dall’altra ci consegna un songwriter che sa giocarsi bene le sue carte.
Gioca sull’alternanza ma diversa da quella che si potrebbe aspettare, se Crush on you è più leggera come gli anni seventy che sembra richiamare, dall’altra si fa decisamente preferire quando indurisce la voce e incupisce i riff delle chitarre, Fading Fire un solido rock, quelli che pretendono il volume alto, ma ecco che lascia entrare la fisa in una ballata coinvolgente e piena di pathos come la splendida The Old Woman e la sensuale I Still Believe, fumosa e notturna come le strade e le storie che richiama. Le qualità di James Dunn sono tutte in queste canzoni, e poi la chiusura con la scoppiettante bluesy-rock Til the Sun Comes Up, uno spettacolo, per chiudere richiamando Springsteen con Goodbye Live. Dal vivo, voce, chitarra, armonica e una canzone meravigliosa. Gran bel disco.