La vera faccia dell’Oklahoma, la passione e il cuore della musica Red Dirt sono descritti splendidamente da
John Moreland in
Endless Oklahoma Sky, album di esordio (per l’esattezza esiste un disco precedente ‘
Demo’ da cui sono state estrapolate alcuni brani che hanno trovato nuova luce in questo disco). Sottigliezze di poco conto, perché i ragazzi tirano fuori l’autentica voce dei luoghi intorno a Tulsa, Ok, tra sogni di giovani ragazzi che notte dopo notte, settimana dopo settimana vivono sotto quei cieli. Heartland rock sembra essere la peculiarità di questi giovani ragazzi (Moreland, il bassista e batterista sono sui 22 e solo Wayne Wedge alla chitarra è il più vecchio coi suoi 26 anni), musica che scalda i muscoli, che si tinge dei colori pastosi del country e dell’aria Southern del Midwest come descrive in apertura l’energica
Gotta Be On My Way.
Sembrano dei veterani, anche la voce di John aiuta a pensarla in questo modo e a leggere i quotidiani locali non è che poi abbiano poi suonato così tanto dalle loro parti. Il Texas ha fatto da apripista ai loro primi spettacoli e l’anima roots la si ritrova comunque nelle loro canzoni: in
Everything’s My Fault la Black Gold Band gioca le sue carte di presentazione e segue John lungo le strade rosse fuoco di un rock secco e trascinante. Non ci sono attimi di pausa, come ribadiscono le toste e splendide
Tired of The World e
Hand Over Fist, John non tralascia la melodia anche se la batteria scuote più del solito e devo dire che tutte le poche resistenze del comune ascoltare arriveranno al collasso, costretto ad unirsi al loro spirito stradaiolo.
Ecco che la meravigliosa
All I Know assesta un colpo definitivo alla qualità del disco: il suono di una rocciosa e fiera armonica ci accompagna in roots-rock intenso e granitico allo stesso tempo, chitarre indiavolate dall’Oklahoma che lasciano il segno come la John Moreland and the Black Gold Band. Nemmeno la title-track scherza in quanto a fascino, l’attacco lasciato ad una chitarra elettrica e alla voce di John non lasciano presagire il suono di un piano ad accompagnare la ruvida entrata della band, altro rock intenso e indovinato dove il songwriting di John raggiunge le vette più alte del disco tra gioventù, vita on the road e sogni sotto i cieli dell’Oklahoma.
Springsteen viene in mente in
Thought You Were Different (prendete
Atlantic City e fatela girare a folle velocità, un po’ come ha fatto Rodney Parker in una versione rock splendida) a parte questo, il brano ha una sua identità forte e si ascolta con piacere, come
What You Get Paid For e
It Ain’t About Gettin’ Out sempre in territori cupi, vibranti e dove si usano parole forti, ma sempre di fronte a belle canzoni, come nell’unica isola acustica del disco, una
Sweat & Cigarettes introspettiva ma grintosa grazie alla chitarra in appoggio di Wedge. A chiudere ci pensa la granitica
The State Line (Hardcore, Hard Luck).
Endless Oklahoma Sky è un caldo raggio di luce che arriva dall’Oklahoma, di quelli che resistono al tempo e che illumineranno le fredde giornate del prossimo inverno. C’è da giurarci…