WHISKEY FOLK RAMBLERS (Midnight Drifter)
Discografia border=Pelle

     

  Recensione del  08/11/2008
    

La musica dei cowboy riecheggia a tratti nei versi e nel sound della Whiskey Folk Ramblers band. Da Fort worth con Ennio Morricone che si aggira volentieri nei paraggi del saloon dove amano suonare, è facile trovarli lì con il whiskey tra le mani a cantare il mito del West, tra country classici e parentesi dall’anima gipsy delle nostre terre confinanti: in poche parole si divertono alla grande, ci trovano gusto questi texani tra dolci ballate western, violini, armonica, american folk, una calda sezioni di fiati e ritmi gitani.
Una compilation di stili che questa scalmanata band di demoni porta in giro nelle dance-hall del Texas, e come dargli torto, credo sia difficile resistere all’aria ballerina e coinvolgente della loro musica. L’intro costruisce immediatamente un quadretto tipicamente alla Sam Peckinpah, di quei film tesi e senza scrupoli, pieni di passione e tragicità imminente, come la tromba e la fisa descrivono con l’aggiunta del fischiettio alla western italiani di Sergio Leone, che non poteva mancare in questa breve e intensa elegia del mito del western.
Ma ecco la prima sorpresa, perché la tromba di Pat Adams che introduce Ramblin’ Man è una vera delizia, la canzone è meravigliosa, una slow-ballad che Hank Williams approverebbe di cuore in questa nuova versione. Un country macchiato dalla fisa e dalla malinconia di una fugace chitarra elettrica rendono l’idea di dove voglia spingersi la Whiskey Folk Ramblers, con il finale relegato sempre alla tromba di Pat.
L’armonica, il gioco tra banjo, mandolino e violino contraddistinguono le successive canzoni che anche se a volte sembrano ripetitive negli schemi sono davvero piacevoli, da River Song, a Graveyard Line, la bella I’ll Be on My Way, particolarmente suggestive Goin’ Where I Don’t Know e la malinconia seducente di As We Drive by, tutti country-folk-roots pieni di vita.
Il coro e la tromba che solcano Moanin’ rag invece portano indietro ai country tradizionali, come quelli descritti intensamente da Great Grandson che al leader Tyler Rougeux ricordano i momenti felici a cantare insieme al nonno. Ma ecco il folk di Die Easy che inizia sempre con un coro tra chitarra acustica e banjo, evidenzia la parentesi gipsy che si avverte particolarmente col suono del violino e ci siamo trasferiti ad i vicini paesi dell’est, tra i campi dei nomadi rumeni e dell’Est e lungo questo territorio gitano si muove anche Midnight Drifter.
Troppo lontano per un texano, meglio tornare verso casa con la fisa e la chitarra di una seducente e notturna Remington .45 blues che preparano alla conclusiva Outro che ci accompagna nel far-west, dove il sole tramonta per molti definitivamente ma non certo il fascino di questo Midnight Drifters.