STEPHEN POINTER BAND (State of Mind)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  21/10/2008
    

A Fort Worth è iniziata l’avventura di Stephen Pointer, poi a 12 anni ci ha pensato la guida della leggenda blues texana “Sugar” Dave Millsap ad avvantaggiarlo rispetto ai suoi coetanei nelle fasi dell’innamoramento al suono della chitarra e prima di entrare al college poteva vantarsi di aver assaggiato il clima e la tensione dello spettacolo con il pubblico pagante.
Esperienze che son tornate utili col passare degli anni quando la band ha preso consistenza e nel 2006 hanno debuttato con Six and Sevens registrato al mitico Billy Bob Texas: la Stephen Pointer Band ha attirato l’attenzione dei più noti Wade Bowen e Randy Rogers che se li sono portati dietro nei maggiori festival del Lone Star State. Con l’arrivo del batterista Joe Carpenter hanno acquisito quel tocco di professionalità che ha permesso al gruppo di uscire definitivamente dall’anonimato.
Il nuovo materiale che contraddistingue questo State of Mind ha tutto per sconfinare fino in Oklahoma: suono fresco, brani energici e ballate con quel tocco ruspante e pieno di melodia ma sempre restando attaccati allo spirito texano. Il “…that’s great” bisbigliato da Stephen allo stridere della chitarra annuncia l’apertura di Letter, suono forte molto Oklahoma sound, ma niente mainstream e senza grossi sfarzi si fa ascoltare mentre il lato più intimo di State of Mind ben la rappresentano la rock-country-ballad Last Two Lovers e in special modo Sunset Waltz, che non passa inosservata, una ballata tranquilla con un suono avvolgente e ben cantata, una prima avvisaglia delle qualità della Stephen Pointer Band.
Dalla title-track iniziano ad infilarci sprazzi tipici della loro terra, un rock che strizza l’occhio alla California che imperversa nel testo con un gioco di chitarre lodevole per un’altra bella canzone. Per mostrare definitivamente la loro versalità ci infilano un country-rock delizioso, On and On e quello più chiassoso di Shut Up and Drink, tipico da road-house con leggere parentesi blues, dove le chitarre si incrociano catturando lo spirito di quegli spettacoli dal vivo.
Completa il tutto il tocco da songwriter, Stephen fa un break, prende la chitarra acustica e corre da solo nella malinconica Three 14, stessa chitarra ad introdurre la splendida Panhandle to Padre che ha il sole del Texas e Chris Bullard fa un bel lavoro alla chitarra, la qualità resta alta quando si resta sotto quel sole e con la ridente El Paso mette in cassa un altro piccolo gioiello. L’aria è decisamente salutare e 10 Thousand lo riprova ancora, indurisce la voce Stephen e il suono diventa più incisivo per un’altra trascinante parentesi in territorio rock.
Un finale splendido che non poteva chiudersi nel modo migliore, Country Road testimonia l’aria fresca che spira intorno alla Stephen Pointer Band e da sempre quando si tratta del Texas.