Un grande professionista da sempre, uno che lavora duro, più di 150 show all’anno portando in giro la sua country music da sempre manifesto delle influenze border messicane e delle timbriche elettriche tipicamente texane. Questo è di sicuro ciò che colpisce di lui assistendo ad una sua esibizione dal vivo (il suo concerto ad inizio mese allo ZiegenBock Festival è stato tra i migliori di quella giornata) ma rispetto ai suoi lavori di studio iniziati da quel lontano ’98 con l’esordio di
Having Fun, proseguito due anni dopo con quello che ha chiuso definitivamente le porte dell’anonimato, ovvero il successo di
I Got the Guns, fino agli ultimi
Long Way to Mexico e
Live Across Texas che hanno affermato la sua popolarità.
Ebbene il ragazzone cresciuto a Corpus Christi sembra aver messo da parte la lezione di Guy Clark e dei suoi colleghi Lyle Lovett, Robert Earl Keen non tanto nei brani elettrici ma nelle ballate a dir poco stucchevoli da puro country mainstream.
Here it It è il suo quarto album e se per la prima volta scrive ogni canzone del suo disco (c’è anche la partecipazione di altri grandi cantanti, ma sembra davvero che col passare degli anni si acquisti una convinzione nei propri mezzi: "
It's been five years since I’ve put out anything new," dice Roger, "
So it's five years of evolving and maybe even maturing, although it's still me"), dall’altra restano passaggi a vuoto che farebbe bene a cancellare nel prossimo futuro.
I Love being Lonesome che apre Here It Is è un up-tempo ballerino morbido e ruspante con un bel giro di chitarre che insieme alla trascinante
Driving Home, classica radio-friendly song alla Creager vanno inesorabilmente a cozzare con il piano di
I Loved you When e il pop di
Tangle Me in You. Queste sono le due facce di
Here It Is, il Creager amabile della coinvolgente
I’m From the Beer Joint, tra honky tonk e strizzatine d’occhio a tempi passati ma che ti trasmettono una bella dose di allegria e di
A Good Day for Sunsets e
Lets Run che hanno poco di country ma che si ascoltano con piacere, a quello altalenante di canzoni opache come
She Chose You e di
Missing You.
Per fortuna nel finale ha un sussulto ed il country incrocia il rock texano nella brillante
Habit (needle in my Arm), la fisa entra in scena a far compagnia alle chitarre nell’elettrica
The Man I Used To Be per completare il giro con la piacevole
My Ship Goes Down. Insomma questo è il Creager che si vuol sentire e se proprio vuol scrivere una ballata texana allora dalla conclusiva
Cowboys and Sailors dovrebbe prendere spunto, un successo di Jimmy Buffey perfetto per essere ascoltato guardando il sole tramontare standosene in compagnia dei propri amici.