RANDY ROGERS BAND (Randy Rogers Band)
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  Recensione del  11/09/2008
    

Nuovo disco per la Randy Rogers Band, 12 nuove canzoni che includono Let it Go scritta dall’amico Radney Foster che ha prodotto il disco cercando di non perdere per strada l’integrità di un alternative country che nel disco di debutto con la Mercury Nashville sembrava essere stato definitivamente accantonato scegliendo un percorso più rock e mainstream alla Bleu Edmondson, ma non con gli stessi risultati. Si sono spostati a Maurice in Lousiana per registrare il loro quarto disco, gli scatti nervosi e il violino restano i punti saldi della loro musica e la conseguenza è un disco meno interlocutorio del precedente, più country anche se le vette dei primi dischi sembrano lontano.
Comunque Randy Rogers Bandha con se l’anima della propria terra, sulle ballate non sembra che si ritrovi più di tanto, ma il disco ha delle carte vincenti. Una dozzina di canzoni che parlano di persone che hanno davanti a loro scelte importanti, che portano a delle conseguenze come nel caso del brano d’apertura Wicked Ways, il violino ha nel cuore il ricordo di Waylon Jennings ed il brano è fluido ed è assai godibile come anche le successiva Better than I Ought to Be e Lonely Too Long, toccata da un sapore tutto texano, canzone nate da un incontro con un fan o casuali come nel caso di quest’ultima con George Ducas, hanno nella loro semplicità l’arma vincente. One Woman è probabilmente la più personale di quelle mai scritte da Randy, il suo matrimonio e così via, non ha il mordente dei tempi passati ma se la cava, molto meglio con Never Be That High, un rock-country piuttosto fluido che si canta in fretta mentre Didn’t Know You Could ha con se la carica di Micky Braun con cui l’ha scritta.
Il trittico che segue alza il livello del disco, In My Arms Instead è splendida, il country prende piega, scritta on the road a Nashville, una giornata triste dove la pioggia non ha intenzione di smettere di cadere, cantata con trasporto come ai bei tempi, è segno che Randy ha ancora voglia di scrivere di musica mentre la verità di When The Circus Leaves Town è sferzante ed elettrica e ci piace ascoltarla, a chiudere il trittico, il country ipnotico di Buy Myself A Chance e fa piacere ascoltare Randy che si muove con naturalezza anche su territori bakesfield.
A chiudere Randy Rogers Band, la potente Break Even, la spedita Let it go che tra le tre quattro scritte da Foster è l’unica che poi è stata incisa (con dedica particolare di Randy “This song is for the guy that stole my guitar in Austin.”, bastardo…) e la ballata intima This is Goodbye.