Saranno passati una trentina di anni dal suo esordio, questo è il ventesimo album se si tiene conto delle inevitabili compilation. Texano poi emigrato a Nashville lasciando a malincuore la high school band degli Arbitrators (forse solo per il nome…), prima songwriter e poi singer come a lui piace descriversi pensando al suo amico Townes Van Zandt, ha avuto una vita musicale altalenante ma onestamente solo dagli ultimi tre album, precisamente da
Houston Kid, si è capito che sotto quella scorza dura si nascondeva un gran cantautore (il trittico comprende
Rodney Crowell e
Diamonds and Dirt).
Sempre piuttosto critico con se stesso, sarà l’età e l’esperienza ma quest’ultimo
Sex & Gasoline lo si può accostare a quest’ultimo periodo (senza dimenticare
Fate's Right Hand del 2003) e per qualità e canzoni raggiunge la vetta. Soggetto preferito e ricorrente sono le donne (amanti, figlie, amiche e puttane non importa l’ordine) fin dalla trascinante title-track che accompagna i suoi show sin dal 2006, ovvero dove va il mondo senza “sex and gasoline”??
Oltre ad essere pura verità è una gran canzone, Joe Henry in cabina di produzione (il primo disco non auto-prodotto), a set elettrici accosta corpose ballate languide, piene di pathos come
The nights just right, o scritte nel ricordo di chi ha trascorso con lui buona parte della vita, piccola gemma è
Moving Work of Art, e folk-rock per raccontare il quotidiano,
The rise and fall Intelligent Design, è un manifesto del Crowell pensiero sul sociale.
La vita di relazione viene scandagliata prima nella morbida
Thuth Decay e poi sublimata con la pedal steel dell’acustica e frizzante
I want you, brano perfetto, meraviglioso. Altra gran canzone è
I’ve Done Everything I Can, l’omaggio del padre alla propria figlia “…
which proves that you can find your way, no matter where you are. I’ve done everything I can, and there’s nothing I can do”, cantata col cuore e il duetto con Joe Henry la rende ancor più preziosa. Nota rilevante è una folta schiera di validi musicisti, da Doyle Bramhall (chitarre), Greg Leisz (chitarre e mandolino), Patrick Warren (piano e organo), David Piltch (basso), Jay Bellerose (batteria) e si divertono in
Who do You Trust, bel gioco alla chitarra di Tony Joe White, un pizzico di funky e il piano tipico da bar room.
Funky and the Farm Boy ti riporta indietro ai primi anni 80. A chiudere la dolce
Forty winters e la felice
Closer to Heaven, testo che la dice tutta, e c’è da augurarsi che
Rodney Crowell sia solo ad un classico giro di boa su questa terra, per continuare con altre soddisfazioni e dischi belli come
Sex & Gasoline.