Onesto e bravo songwriter, in dieci anni ha auto-prodotto 3 album (
Let That Poor Boy Sing del 1999,
Where I Come From del 2002) e questo
Music in the Money Biz del 2005, ultimo in ordine di apparizione.
Austin Cunningham miscela country, blues e rock alla sua vena tipica da cantautore che non ha ancora riscosso quella notorietà che le sue qualità tanto meriterebbero di uscire allo scoperto.
Bravo chitarrista oltre che interprete, ha lasciato Garland nel Texas nel 1986 per andare a Nashville e realizzare il suo sogno di musicista, strade e percorsi che confluiscono nelle sue storie mai leggere ma sempre analizzate nei dettagli, come ad esempio nelle emozioni intorno ad una ballata, dove al romanticismo mieloso sostituisce una attenta analisi di tutto ciò che il cuore trasmette alla testa, le sensazioni oltre ai motivi di una storia ormai terminata.
Lo stesso approccio lo ritroverete in tutte le canzoni. Si inizia con lo spirito giusto, dall’armonica e aria bluesy che imperversa lungo una brillante
Doin' Pretty Good a
Texas Trip, gran road song tra il Tennessee e il Lone Star State (“
I want to float on down to the Hill Country sounds / of Gary P. and Ray Wylie / need a Texas trip, boys don’t you get me / back where I belong / back where I belong”) e poi ci infila una ballata cantata col cuore,
Always In My Heart. Da brividi, gran voce, una fisa in lontananza e una chitarra acustica calda, insomma splendida.
Basta questo trittico per chiarire le qualità di questo talentuoso songwriter: ascoltare il Cash che torna in mente nella title-track, l’elettrica e brillante
Kind Heart Cruel Yankee, la deliziosa
Farm In Texas, perfetta per le radio texane, travolgente nel suo incedere anche grazie all’armonica di Mickey Raphael e dal fiddle di Andrea Zonn, aggiunteteci un paio di ballate di spessore romantiche e suggestive (tra acustico
In Style Again,
The Way You're Put Together e l’elettrico
Everything's Gonna Be Alrighth e
Drink Milwaukee Dry).
Da menzionare l’allettante rock nervoso di
Killin' Jesus Again, un blues solitario e intenso,
Lost And Weary Traveller e il tocco ispanico della meravigliosa
The Whole Enchilada tra fiati mariachi e violini border. Grazie Austin…