JEFF FINLIN (Ballad of the Plain Man)
Discografia border=parole del Pelle

  

  Recensione del  14/08/2008
    

La trilogia iniziata con Somewhere South of Wonder e Angel in Disguise arriva al suo atto conclusivo con Ballad of the Plain Man dove le avventure terminano lì dove inizia la riscoperta di una liberazione spirituale. Jeff Finlin, americano come Dylan che torna in mente quando lo si sente cantare e Steve Earle quando scrive, ha sempre inciso su label britanniche e nella sua terra sembra essere un desaparecidos anche se i suoi fan crescono col passare dei dischi. La sua è letteratura a sentire i suoi estimatori -e alla fine non si può che essere d’accordo-, questo dare spazio a chi vive ai margini della società, la sua sensibilità è stata scoperta anche dal cinema, con Cameron Crowe che lo ha cercato per una ballata da inserire nell’interessante Elizabethtown (meravigliosa Kirsten Dunst…).
Nato nei dintorni di Cleveland, in una fattoria ma non era molto contento come lo si sente cantare alla fine degli anni ’90 in Love and Happiness ("I was raised a pilgrim's son / Saying I'm sorry for nothing I done") con Kerouac nei pensieri non ha impiegato molto a spiccare il volo arrabbattandosi a fare qualsiasi cosa pur di guadagnare qualche soldo, poi è subentrata la musica, la sua voglia di scrivere e di incidere canzoni. Storia lunga, tra Boston e rock band dell’Ohio ma il tempo col passare dei giorni lo ha ricambiato “solo” con l’amore sulla sua strada musicale ma il suo songwriting è cresciuto libero come le strade che narra nei suoi brani.
Solo nel 2007 con Angel of Disguise ha smosso lo stallo che lo attanagliava, anche chi scrive lo ha scoperto con ritardo, alle tante chitarre e rock arriva il momento di raccogliere i pensieri e lo fa dividendosi tra atmosfere morbide e folk songs a tratti elettriche che hanno parole e storie a tratti bizzarre che delineano la sua personalità, il suo essere, che spalma lungo questo Ballad of Plain Man, dalla title-track, anima folk per una ballata elettrica coi fiocchi che continua e si libera nella successiva e splendida My Rosy Crucifixion By The Sea.
Strade libere tratteggiate da chitarre acustiche e tratti malinconici dalla toccante Mercy, attraverso paesaggi e racconti narrati tra set elettrici assai godibili, Goodbye Is Just A Freight Tran Comin', alla trascinante spassosa allegoria di Jesus Was A Motorcycle Man pensando a casa con la rock-ballad Highway Home, con quella sana malinconia dannatamente accattivante che solca anche la carezzevole Hole In My Belle e la conclusiva In My Masterpiece. Se Big Love Song è il simbolo del suo viaggio allora le highway di Jeff Finlin non deluderanno mai.