Mike McClure oramai divenuto anche un produttore coi fiocchi, ha scovato tra i tanti artisti che bazzicano le strade che portano dall’Oklahoma fino in texas e viceversa, questi giovani ragazzi che sotto la guida di John Riley fin dal 2005 non fanno altro che suonare in qualsiasi buco sia messo loro a disposizione, e da quelle parti tanta volontà prima o poi paga se dietro c’è anche la stoffa dell’artista, quella necessaria per riuscire ad incidere un vero e proprio album.
John Riley and The Lighthorsemen rappresentano una delle tante voci nel panorama Red Dirt, chitarre ben elettrificate, passione e sudore che traspare da ogni brano e influenze tipiche delle terre soleggiate della stella solitaria che risplendono dopotutto nella loro musica.
Un connubio che in questo
Don’t Slow Me Down è particolarmente riuscito e a Wapanucka ne hanno fatto saltare di persone dalle loro sedie… Oltre a John, voce e chitarra, la band è composta da Shawn Postoak alla chitarra, Brandan Russell al basso per chiudere con Blake Bryan alla batteria, proprio lui che da il via tuonando nell’apertura della trascinante
Walkout, roots indiavolato tipico da road house per scaldare la serata, ma mi sa che i violini di
Let It Pass funzionerebbero molto di più, ballata che lascia entrare le chitarre e i Lighthorsemen con molta calma, ma poi lasciano il segno. Stile Cody Canada, ma di band se ne potrebbero nominare, ecco allora
Off On The Run che corre spedita, la rimarchevole
Mona Lisa, bella come
Junior che pesta i piedi in terre texane, contaminazioni western e la piccola perla è bella che confezionata e tanto per chiarire la loro voglia di suonare, difficile trovare una canzone sotto i 4 minuti!!
Le ballate non mancano, suono sempre maschio come
Roy Cooper, roots appassionato che esplode all’improvviso ma il delicato suono di un armonica la tiene sotto controllo e percorre anche l’intensa
Louie Jones o nella splendida
Damn Sure Livin, limpida nel suo stampo classico, malinconica come il piano e la chitarra acustica che ne tracciano la bellezza ogni qual volta John alza la voce, con la chitarra febbrile di Postoak a chiudere il sipario. Non manca qualche accenno più country anche se relegato alla morbida
Pay to Play, ma dopotutto l’essenza Red Dirt è il loro terreno più congeniale e le conclusive
Don´t Slow Me Down e
Smokey Bars sono il loro manifesto, splendida la prima per cotanta semplicità, secca e senza fronzoli la seconda. L’isola pianistica di
Reagan's Song chiude un’esordio coi fiocchi.