EXIT 110 (Drive)
Discografia border=parole del Pelle

     

  Recensione del  10/07/2008
    

Le lunghe e trafficate highway del Lone Star State diventano giorno dopo giorno, miglio dopo miglio, cd dopo cd, sempre più popolose e allora cosa c’è di meglio di una breve sosta per godersi appieno il suono fresco e potente di una giovane band della scena rock texana? Bene, allora una volta arrivati nei pressi di Cumby ricordatevi di prendere la Exit 110 perché vi porterà direttamente verso i riff e il sound corposo delle 12 canzoni di Drive, secondo disco degli Exit 110.
Formatasi nel 2005 dall’unione di altri due gruppi, dopo anni di rodaggio nelle periferie locali hanno deciso di unire gli sforzi e Danny Riechle insieme a Michael Strickland hanno preso carta e penna e iniziato una nuova avventura, quella descritta in Drive. Dopo aver spopolato nelle radio locali, il 2006 li ha visti al primo giro di boa con l’album 60 Miles from Dallas con la schiera di fan in continua crescita. Cosa avranno mai di particolare? Nulla.
Sono una live band, tosta e scrivono belle canzoni. Insomma normale routine per la scena texana, ma ad avercene dalle nostre parti… Il percuotere con decisione la batteria e lo stridere della chitarra di Southland ci fa capire immediatamente dove saremo trasportati, rock alla texana quindi è tutta aria salutare, un passatempo che ci piace cercare e lo si trova anche nella splendida Loser, roots tutto melodia e chitarre o nella piacevolezza elettrica della brillante Always the Same. Band giovane, canzoni semplici e buoni sentimenti con una produzione che evidenzia la genuinità del disco, qualche ballad roccata come Help of this Bottle, la magnetica Last Train o insaporita dal country dell’ispirata The River Song e poi cover di tutto rispetto Run Away è deliziosa ma mai quanto la cashiana e meravigliosa Folsom Prison Blues, voce metallica e hard country che confluiscono in una versione chitarristica affascinante e Drive acquista punti rilevanti.
A chiudere in bellezza il roots luminoso di Michigan, un po’ di red dirt sound con la title-track ma preferisco l’acustica Sabinal e il suo dolce e lento incedere da story-teller.