CASEY DONAHEW BAND (Live Raw Real In The Ville)
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  Recensione del  10/07/2008
    

Casey Donahew lo conosciamo da qualche tempo, con i suoi soci hanno fatto intravvedere in due album aspetti molto interessanti del fervore giovanile della scena rock texana, quella che non disdegna il country ma preferiscono rock leggeri per canzoni semplici adatte al pubblico giovane delle dance Hall, canzoni ideali per rendere al massimo on stage. Ecco allora la necessità e la decisione di incidere un disco live, proprio per poter immagazzinare quell’energia e dimostrare che il suono delle chitarre ha bisogno di spazi liberi, eccoti allora la data del 27 febbraio in quel di Stephenville al Bostock’s.
La particolarità di Live Raw Real in the Ville è l’aggiunta di ben 6 nuove canzoni, due partorite proprio per quella serata e le altre 4 prodotte in uno studio di registrazione, scritte da Donahew (il singer/songwriter) che non si trattiene di certo quando si tratta di enfatizzarne il risultato ("The new stuff is definitely some of the better writing that I've done") con la partecipazione di Andy Pate al basso e Scott Copeland alla batteria. Da Fort Worth ecco salire sul palco Casey invocato a squarciagola dal suo pubblico e attaccano con il rock leggero di Your gone e lo show entra in fermento con i boots e il country del fraseggio iniziale di No doubt, festa scanzonata perfetta per surriscaldare la marmaglia di giovani fans al seguito, che apprezzano le chitarre che solcano anche la toccante ballata Let me love you, leggiadra ed elettrica come tradizione texana insegna.
Parte centrale dello show che resta su livelli qualitativi interessanti con la vivace spigliatezza di Tulsa, e nuove canzoni che lasciano intravvedere una certa continuità con i lavori precedenti Unbreak my Heart ma il successo di Stockyards nella sua irrequietezza raggiunge la tensione ideale che fa apprezzare al meglio le doti della band e la loro voglia di suonare: sanno trascinare la folla, la rendono partecipe e la sfuriata finale chitarristica è di indubbio fascino. Gran bella canzone, ma anche la successiva Fallen non è da meno, anche se si tira il fiato la rock ballad ha una melodia vincente.
La festa ricomincia con la 12 Gauge, tirata a lucido ed è un gran bel sentire, la folla è in sintonia alla serata e la divertente White Trash Story anticipa il finale con brani incisi in studio: a parte Ask me Stay, troppo ordinaria, il meglio arriva nell’ordine dalla ridente Crazy e dalle toste e ballerine Hunter s.(rocket ship) e soprattutto Alabama Slammer.