Tra colline e le verdi vallate della Virginia deve trovarsi bene
Randy Thompson, se il country-rocker sforna dischi con il contagocce anche se è in giro dal 1998, ma che onestamente era balzato alla ribalta con quel
That’s not Me molto rock e spruzzate di hard country. Quindi con piacere lo si vede ricomparire dalla sua piccola cittadina di Clifton con questo suo terzo lavoro
Further On.
Roots Music la definiscono dalle sue parti, ma a parte l’etichetta il disco proietta Randy ad un livello successivo alle storie di vita da strada che avevano contraddistinto gli album precedenti, quest’ultimo lavoro è più personale (“
This album was three years in the making, and has a real Virginia feel to it; it’s exactly what I wanted it to be.”) e sin dalla strumentazione si ha un’idea del suono brillante e caldo che ha cercato di imprimere in
Further On: chitarre sempre elettriche ma anche svariati strumenti acustici dal banjo al fiddle, al mandolino di Rickie Simpkins senza dimenticare la steel del leggendario Don Helms e l’aggiunta ai cori del figlio di Randy, Colin. Country allora ma con il rock dietro l’angolo, spruzzate folk-blues e qualche tributo ai suoi artisti preferiti Steve Gillette in
Molly And Tenbrooks (un rock bello secco) e Utah Phillips in
Rocksalt & Nails, ballata roots quanto mai seducente con quei riff a squarciare l’idillio giocato tra voce e fiddle.
Davvero una bella voce, intensa e perfetta anche per i rimandi del rock chitarristico di
Don't You See che apre
Further On, ma le belle sorprese in territorio country arrivano subito con la splendida
Songbird, gran gioco al mandolino di Simpkins tra riff nervosi di un rock limpido che innalza immediatamente il livello del disco che decolla con la roots ballad
Don't You Remember, meravigliosa nel suo struggente intercalare, cantata con trasporto da Thompson.
Il disco fila liscio tra le radici folk della variopinta
Ol’97, l’introspettiva
Riptide, la folk-bluesy
Goin' Down to Lynchburg Town. Ma il finale ci regala ancora un paio di pregevoli canzoni, dal rock asciutto di
Leave the Light On alla title-track, basata su un poema scritto da suo nonno ritrovato per caso e risalente agli anni 20’, dove Randy ha semplicemente inserito la melodia ed il risultato è un country genuino e delizioso.