
Giunti al quarto cd di studio e con un live in bacheca, gli
Honeybrowne non cambiano solo qualche elemento nella lineup ma lasciano per strada anche parte delle loro caratteristiche: se da un lato non avevano granchè da spartire con il classico suono roots texano, avevano comunque collezionato diversi interessanti fraseggi tra americana e rock che grosso modo avevano confermato nell’ultimo
Something To Believe In, dove si intravvedevano idee e suono. Dalla copertina di
Mile by Mile quindi ci si aspettava di incamminarsi lungo una strada senza intoppi con l’essenza on the road che porta con se quell’immagine, a testimoniare ancora la voglia di Fred Andrews di suonare.
Ma ad ascoltarlo bene il disco sembra proprio che abbiano forato e siano fermi da qualche parte sperduti alla ricerca della strada maestra. La produzione di Mark Addison, noto nella scena di Austin per l’apporto nei dischi del bravo Bob Schneider, non brilla più di tanto, tracce di americana se ne intravvedono ma assai poco rispetto al passato e alcune ballate pop sono troppo fuori fase. L’apertura di
Mile by Mile non è poi così male,
Help Me Find My Way con lo stridere della chitarra alla Wilco è affabile e senz’altro poco salottiera,
Yesterday's News è un rock delizioso alla loro maniera, Fred ha una bella voce e ci mette poco a catturare l’attenzione.
La fisa che segue la sua voce morbida nella title-track è deliziosa, una ballata rock a tratteggiare un semplice percorso di vita coi pensieri che passano veloci in testa mentre si ritorna a casa. Ma quel pop-ettino di
Love Wanted non convince proprio, molto meglio le dolci armonie che Andrews tesse nella ballata
Left Me A Mess mentre ricordi di vita country imperversano in
Bowling Green, un mix strambo ma certamente migliore di quel “
baby, don’t cry” ripetuto troppe e troppe volte in
Trouble's Got A Thing For Me, che poi non è così male se togliamo quei refrain e coretti mielosi.
L’unico vero sussulto è in
Personal Lullaby altra ballata cantata con trasporto ma splendida e gli
Honeybrowne danno finalmente sfogo alla loro creatività, mischiano virtuosismi alla chitarre e al piano, baciati da punte bluesy e la canzone decolla. Nel finale la vivace
Line Sinker And Hook e il rockaccio
Put That Ring Back On Your Finger alzano su un disco che si spinge con fatica oltre le 3 stelle.