DIRTY SANCHO (Long Shot)
Discografia border=Pelle

  

  Recensione del  08/02/2006
    

Da Amarillo una live band che anche in uno studio di registrazione, si comporta allo stesso modo di come farebbe a contatto con il pubblico; suono in presa diretta e di getto arrivano queste canzoni tra country, roots e rock alla texana che suonano fresche per un disco ruspante che piace anche per questa ragione. I Dirty Sancho boys sono Jared Fuller voce e chitarra, Clayton Freeman al basso, Brandon Todd chitarra e armonica e Donnie Stuff alla batteria, una combricola di artisti che sulla strada, su è giù per il Texas, ha trascorso abbastanza tempo tanto che ad inizio 2005, in un paio di mesi, hanno raccolto per una sessantina di spettacoli solo sold-out.
Tutto ciò al seguito del successo di questo album di debutto, Long Shot: 12 canzoni con tutta la passione delle loro esibizioni live. Jared ha sempre cantato e sebbene gli studi in Letteratura gli portassero via gran parte della sua giornata, la chitarra e il suo songwriting sono divenuti il fulcro del suo conoscere ed al rock preso di petto ha col tempo mischiato la foga del resto dei suoi amici riuscendo a far confluire in modo omogeneo una musica quanto mai avvincente, tra fiammate cupe e chitarristiche che si evidenziano fin dall’apertura della piacevole Mine Tonight, suono grezzo e sporco ma con quel tocco tipico delle loro parti, molto più evidente nel country ruspante di Prison Song e i Dirty Sancho si dannano alle chitarre e le loro qualità vengono fuori in modo cristallino anche nella splendida Goodbye Perryton, roots molto texano cucita intorno a una malinconica armonica, mandolini e riff vigorosi con la voce pastosa di Fuller ed è un tutt’uno allo spumeggiante rocckaccio country della successiva Goin' Crazy, che corre spedita come il fascino che prende piede in modo deciso in Long Shot.
Si continua così sulla stessa linea con la graffiante Hookers & Booze, il roots incantevole di Much Too Seriously che potrebbe girare ripetutamente nel lettore cd, il West Texas e i sogni cowboy della luminosa Kingpin. Di certo non manca una ballata alla texana e Ph. D. tra country e roots impreziosisce col suo fascino una parte finale che riserva altre certezze: la guizzante Devil's In Charge che nelle road house fa la sua bella figura, la scanzonata Highway Song, un bel country verace (da una canzone che si intitola Country Music cosa ci si può aspettare?) per chiudere con il botto con Way It Goes.